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Cronache
Raggi sconfigge la grande ammucchiata Fdi-Lega-Pd. I Dem riflettano

*di Giuliano Pacetti

Ieri nell’Aula Giulio Cesare è andata in scena la “grande ammucchiata”: l’abbraccio del Pd con Fdi e Lega. Ospite d’onore Giorgia Meloni, convinta com’era che ieri sarebbe riuscita a sfiduciare la sindaca Virginia Raggi.

Per la verità, Giorgia Meloni non si vede molto in Aula Giulio Cesare, ma ieri è stata presente e partecipativa: ha votato tre mozioni di sfiducia e per tre volte gli è andata male. Come accade da inizio legislatura, l’Assemblea Capitolina si è schierata ed ha confermato la fiducia alla Sindaca Virginia Raggi. Una grande prova di forza del Movimento 5 Stelle, che è stato presente e fedele ai suoi valori: sia di chi ha votato contro, sia di chi si è astenuto e sia di chi non ha partecipato al voto.

La consigliera Giorgia Meloni è ovviamente libera di partecipare quando e come crede, ma che ieri fosse per Fratelli d’Italia un giorno speciale lo dicono le sue presenze complessive tra Assemblea e Commissioni: 12 presenze nel 2017, 13 nel 2018, 11 nel 2019 e 45 nel 2020. Per darvi una misura ecco le mie: 298 nel 2017, 340 nel 2018, 404 nel 2019 e 467 nel 2020. Fratelli d’Italia aveva preparato la festa, potendo contare secondo il tam tam di radio-Campidoglio su 25 voti, una maggioranza in grado di dimissionare la Sindaca. Ma erano stati fatti i conti senza l’oste. Lo ha capito, invece, subito il consigliere Alfio Marchini, che si è affacciato per il tempo necessario a prendere atto che non ci fosse trippa per gatti, per poi tornare al suo esilio che dura da inizio legislatura.

Per stare alla cronaca del voto, il centro-destra a trazione Giorgia Meloni, a lavori d’Aula già iniziati, aveva addirittura aggiunto, alla mozione di sfiducia presentata dal Partito Democratico e a quella di Fratelli d’Italia, una ulteriore mozione di sfiducia proposta dalla Lega. Si sussurra, tra gli addetti ai lavori, che la disfatta di ieri di Giorgia Meloni non sia stata poi così sgradita a Matteo Salvini. Non è così per il Partito Democratico, che per sfiduciare la sindaca Virginia Raggi ha unito i propri voti a quelli di Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia e a quelli di Davide Bordoni, novello Alberto da Giussano dei leghisti romani. Non pervenuto Maurizio Gasparri, che non è più presente con Forza Italia in Assemblea Capitolina. 

Parliamo del sindaco di Roma, una condizione che deve sempre fare i conti con la più ampia situazione nazionale. Da una parte Fratelli d’Italia e Lega, che sono ai ferri corti e non solo per la diversa collocazione rispetto al Governo Draghi. Giorgia Meloni rivendica la Presidenza del Copasir (i servizi) e della Rai. Il conto dovrebbe pagarlo Matteo Salvini e i fatti dicono che non sia per niente d’accordo. Anche per questo la scelta del candidato sindaco del centrodestra latita. Del resto la valutazione è duplice, perché riguarda anche il candidato Presidente della Regione Lazio. Se la scelta ricadesse su due figure politiche, i candidati sarebbero rispettivamente Chiara Colosimo per Fratelli d’Italia e Claudio Durigon per la Lega. E tutto lascia pensare che così sarà, anche se la consigliera Regionale Colosimo ha fatto storcere il naso a quella parte di destra legata a Gianni Alemanno. Ospite all’Arena di Giletti, Chiara Colosimo ha preso le distanze dalla gestione romana fatta dal centrodestra con Gianni Alemanno sindaco. Si capisce la grande voglia dell’ipotetica candidata Sindaca Chiara Colosimo di prendere le distanze dalla sindacatura Alemanno, questo perché segnò il periodo peggiore per Roma, culminato con la sottrazione di Atac al controllo diretto dell’Assemblea Capitolina. Alla faccia di chi oggi si erge a difensore della sovranità del Consiglio Comunale, ricordo che la destra più rappresentativa ha già governato Roma Capitale, una città che il “Sindaco Alemanno aveva trasformato in una grottesca parentopoli in camicia nera (Corrias)”.

Dall’altra parte il Pd che considera la Sindaca Virginia Raggi un inciampo. Chiariamo una volta per tutte che la polemica con Nicola Zingaretti si fonda principalmente sulle competenze regionali in tema di rifiuti. L’inciampo, se proprio vogliamo cercarlo, è rappresentato dagli ostacoli posti costantemente dalla Regione sulla gestione dei rifiuti stessi. Trovo stravagante e poco attento il Partito Democratico, che pur vedendo bocciata la propria mozione di sfiducia parla di vittoria politica. Ciò non ha senso. Giorgia Meloni appoggia la mozione del Partito Democratico, che ricambia appoggiando Fratelli d’Italia: altro che storie, questa fusione non è politica, ma altro. Se Giorgia Meloni e Matteo Salvini corrono dietro a Virginia Raggi per toglierla di mezzo, non è certo per favorire la vittoria di un sindaco del Partito Democratico. Su questo dovrebbe interrogarsi il Partito Democratico. Non è la Sindaca Virginia Raggi che deve fare un passo indietro, ma sono loro che devono interrogarsi su atteggiamenti e posizioni che colpevolmente possono regalare Roma Capitale alla destra. Roma non può tornare indietro e deve essere ben chiaro che il Movimento 5 Stelle su trasparenza, legalità e beni comuni, non transige. Nessuna deroga per nessuno.

      *Capogruppo M5S in Assemblea Capitolina e Consigliere delegato dell’Area Metropolitana di Roma

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