Sgombero CasaPound, i vertici: "Bagno di sangue? Mai detto nulla di simile"
I responsabili della "Tartaruga" respingono le accuse di minacciate violenze e parlano di "sereno accordo" con le forze dell'Ordine
Sta facendo scalpore la notizia secondo la quale militanti e vertici di CasaPound, fra cui Davide Di Stefano, responsabile di CPI Roma e fratello del segretario nazionale Simone, avrebbero impedito con minacce di "bagni di sangue" un controllo - da parte di due funzionari della Corte dei Conti - dello stabile occupato dal 2003 dalla Tartaruga Frecciata nel quartiere romano dell'Esquilino. I giornali hanno parlato di strette di mano dei vertici di CPI con i funzionari della Digos, lasciando intendere un epilogo a "tarallucci e vino" dopo presunte allusioni a possibili reazioni violente.
Accuse che i diretti interessati respingono categoricamente, puntando il dito sulla "inopportuna folla di telecamere e di giornalisti" pronti a entrare nella sede per riprendere e documentare tale controllo da parte della Finanza, atto a stabilire presunti "danni erariali" perpetrati dagli occupanti del palazzo sito in Via Napoleone III, non lontano dalla Stazione Termini.
"Fandonie, falsità, accuse infondate" scrive su facebook Mauro Antonini, già candidato governatore e responsabile di CasaPound per la Regione Lazio. "Questi sono i contenuti degli articoli di ieri ed oggi sul controllo che due funzionari della Corte dei Conti avrebbero dovuto effettuare ieri nel palazzo di CasaPound in via Napoleone III a Roma. Nessuno è stato minacciato, nessuna "promessa di sangue", niente di niente. Semplicemente un sereno accordo a rinviare il controllo per garantire il diritto alla dignità delle famiglie che abitano il palazzo viste le numerose telecamere presenti a riprendere non si sa quale scoop. Quel palazzo era abbandonato ed è stato occupato per garantire un tetto a chi era in mezzo ad una strada. È il simbolo della nostra quotidiana battaglia politica per le strade contro l'emergenza abitativa. Questo è quanto".
Davide di Stefano - Responsabile CasaPound Roma
Parole, quelle di Antonini, che si ricollegano alla dichiarazione rilasciata immediatamente dopo i fatti dal fondatore di CasaPound Gianluca Iannone che, in un comunicato stampa, ha fatto sapere: "Nessuno sgombero in vista per CasaPound, nessun danno erariale, nessuna minaccia alla finanza. Lasciano di stucco le ricostruzioni fantasiose di quanto accaduto, o meglio non accaduto, ieri in via Napoleone III".
E ancora: "Come Cpi ci siamo limitati a concordare le modalità per un controllo nello stabile che avvenisse nel rispetto dei diritti e della sicurezza delle famiglie in grave stato di emergenza abitativa che vi risiedono dal 2003. Quando però ci siamo resi conto che non era possibile garantire minime condizioni di dignità per i residenti vista l'inopportuna presenza di una folla di telecamere, ci siamo limitati a chiedere che si rinviasse il controllo ad altra data".
Iannone ha inoltre ribadito: "CasaPound non ha nulla da nascondere. Anzi, è nel nostro interesse che questo controllo avvenga, perché è il modo per dimostrare che il movimento, avendo solo sede legale nel palazzo ed esplicando l'attività politica in senso stretto nelle sezioni sul territorio, non ha recato danni alle casse dello Stato, mentre i locali di via Napoleone III sono utilizzati in via esclusiva per l'emergenza abitativa. Naturalmente, però, non accetteremo mai che questo nostro pur legittimo interesse entri in conflitto con la dignità e i diritti degli italiani che, proprio grazie all'azione di Cpi, hanno trovato casa in uno stabile che era abbandonato da decenni e che prima del nostro ingresso giaceva inutilizzato e nel degrado più assoluto".
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