Cronache
Raffaele Sollecito fa "un passo fuori dalla notte". E si racconta ad Affari
di Lorenzo Lamperti
@LorenzoLamperti
Dal carcere all'assoluzione, da Amanda alla sua azienda di sviluppo software. Raffaele Sollecito si racconta in una lunga intervista ad Affaritaliani.it e anticipa i contenuti del suo libro "Un passo fuori dalla notte" (edito da Longanesi).
Raffaele, quando e perché hai deciso di fare questo libro?
Io ho vissuto otto anni di inferno in cui il pregiudizio ha vinto nei confronti della realtà. Un pregiudizio inculcato nell'opinione pubblica attraverso i media e attraverso gli errori commessi durante le indagini. Già nei primi giorni, nei primi mesi, tutti hanno parlato di me senza io che potessi mai rispondere o dire qualcosa. Eppure nessuna di quelle persone che parlava e dava di me un'immagine distorta mi conosceva. Ho dovuto affrontare un mondo dove tutti parlavano di me e io dovevo stare zitto. E' una cosa che ti uccide, ti affossa, ti seppellisce perché chi sei veramente lo sai solo tu e chi ti è vicino, il resto del mondo sa solo quello che gli viene detto. Hanno creduto tutti fossi davvero quel mostro che ero stato dipinto. Con questo libro ho voluto finalmente parlare e raccontare chi sono veramente. Poi c'è un secondo motivo ed è quello che riguarda la nostra società. Vorrei che tutti riflettessero sul perché questa cosa mi è accaduta e soprattutto sul perché sia possibile che possa accadere anche ad altri. Attraverso la mia esperienza spero si possano evitare altri scempi come quello che è successo a me. Il pensiero che uno scempio del genere possa accadere a tante altre persone non mi fa dormire la notte.
UN PASSO FUORI DALLA NOTTE (Longanesi) Esce a ottobre per Longanesi il libro di Raffaele Sollecito UN PASSO FUORI DALLA NOTTE - Tutto quello che non avete mai immaginato di me. Dopo uno dei processi più controversi della storia giudiziaria italiana (otto anni di battaglie, cinque processi e l'assoluzione finale in Corte di Cassazione il 27 marzo scorso) Raffaele Sollecito si racconta in un libro duro e intenso, mostrando ciò che la macchina mediatico- giudiziaria gli ha sempre negato: la sua umanità. In UN PASSO FUORI DALLA NOTTE Raffaele Sollecito prende finalmente la parola e racconta della sera del 2 novembre 2007 a Perugia e dei momenti vissuti con Amanda Knox nei giorni successivi alla tragedia; ricostruisce i lunghi mesi in carcere di massima sicurezza e la follia sfiorata in cella di isolamento; condivide angosce e speranze per le sentenze. A questi ricordi si affiancano racconti più intimi e privati: la sua infanzia, i suoi sogni, l'amore di suo padre e dei suoi familiari che non hanno mai smesso di credere e lottare. Giuseppe Strazzeri, direttore editoriale Longanesi: "UN PASSO FUORI DALLA NOTTE è un libro necessario e commovente, che rappresenta un importante lascito civile. Dopo averlo letto sarà impossibile non dirsi: tutto questo poteva capitare a me, a mio figlio, a un amico, a un'amica. Di fronte al clamore di questa vicenda abbiamo tutti pensato di conoscere Raffaele Sollecito e di poter esprimere un giudizio su di lui: con Un passo fuori dalla notte Raffaele Sollecito può finalmente far sentire la sua voce. La voce struggente e dignitosa di una persona vera". |
Che spiegazione dai a quello che ti è successo? Dove stanno le responsabilità?
Penso che sia un problema generale, non è solo un caso fortuito, C'è un problema sociale, in molti vedono il mondo in maniera pessimista. La maggior parte di noi è diventata forcaiola. Si vede sempre del marco dappertutto. Quindi due bei ragazzi, di buona famiglia, un po' più fortunati rispetto alla media che si ritrovano in un caso del genere e che vengono descritti come senza scrupoli e senza coscienza sono un bel bersaglio. La storia mia e di Amanda ha fatto riemergere tante frustrazioni personali, dirette verso un personaggio costruito a fantoccio contro il quale ognuno può tirare le proprie freccette. Alla fine è stato un triste caso, una triste combinazione di eventi, ma all'origine di tutto c'è un problema sociale.
Le motivazioni della sentenza di Cassazione con cui sei stato assolto in maniera definitiva parlano di "clamorose defaillance nell'inchiesta". Ti sei fatto una ragione di questi errori, se davvero sono stati commessi come hanno stabilito i giudici?
Credo che anche chi ha fatto le indagini ha creato una situazione, una storia, e poi ha dovuto seguirla fino alla fine. C'era una studentessa inglese, una americana, un uomo di colore che poi è stato cambiato... è stato creato tutto un film che ha alimentato la morbosità del pubblico quindi è normale che tornare indietro per loro fosse molto difficile. Devi avere davvero una grande forza d'animo di umiltà per ammettere di aver sbagliato di fronte al mondo intero. Non è una cosa facile.
Quando hai iniziato a temere di essere in pericolo in questa storia?
Io all'inizio accompagnavo semplicemente Amanda agli interrogatori e non mi sarei mai sognato di essere coinvolto in questa vicenda. Ho iniziato a temerlo quando mi hanno chiamato la seconda volta in questura. Io ero estremamente ingenuo all'epoca, infatti fui l'unico a presentarmi senza un avvocato, a differenza degli altri abitanti della casa e delle amicizie di Meredith. Indipendentemente dal fatto che fossero innocenti, lo avevano fatto per prevenire eventuali errori. Io invece sono stato poco lungimirante, mi sono fidato ciecamente dei poliziotti anche perché mia sorella a quell'epoca era nell'Arma dei Carabinieri. Ero tranquillo perché tanto sapevo di non aver fatto nulla.
Pensi che se ti fossi presentato subito con un avvocato la storia sarebbe cambiata?
E' un passaggio molto importante. Mi ricordo una sera in cui io e Amanda eravamo in questura vicino alle macchinette automatiche quando si avvicinò furtivamente una poliziotta e mi diede un foglietto dove c'era scritto il numero di un avvocato. Era importante, evidentemente. Io al momento pensavo alla tesi di laurea, al colloquio che avrei dovuto fare per un master alla Bocconi. Pensai fosse superfluo e futile chiamare un avvocato e invece ne andava della mia vita. Sono passato da persona informata sui fatti a indagato senza nemmeno accorgermene e sono caduto in una confusione totale.
Non avevi fatto nulla che potesse fare insospettire chi faceva le indagini?
Assolutamente no, io come ho detto più e più volte e ho scritto nel libro ho trascorso quella notte a casa mia con Amanda. Chi ha fatto le indagini ha seguito una pista che era sbagliata. Hanno sequestrato i miei coltelli e basta, è stata costruita una colpevolezza sulla base di semplici ipotesi. Si è creato un triangolo tra procura e media da una parte e io e la mia famiglia dall'altra che ha tritato tutto quello che c'era in mezzo.
Oggi hai fiducia nelle istituzioni dopo quello che ti è successo?
Non si tratta di fiducia, si tratta di mettere in campo degli strumenti per controllare gli eventuali errori commessi da chi si occupa di indagini che possono cambiare e rovinare per sempre la vita di una persona. Io sono un ingegnere informatico: se sbaglio a fare un software quel software non funziona non c'è il cittadino che mi ripaga. Non capisco perché invece con la giustizia non funzioni allo stesso modo.
Hai trascorso 4 anni in carcere. A che cosa ti sei aggrappato durante l'isolamento prima e la cella poi?
Mi aggrappavo alla consapevolezza della mia innocenza. Mi aggrappavo alla mia battaglia per la verità. Questa storia è molto più grande di Raffaele Sollecito. Fare emergere la verità aveva un significato importante non solo per me ma anche per tutte le altre persone che devono subire le stesse cose che ho subìto io. Per anni ho sentito parlare un sacco di tempo sul nulla. Sulla mia passione per i fumetti, sui miei sguardi con Amanda. Parlavano del nulla. Non sono contrario alla spettacolarizzazione del processo però se proprio la vuoi fare allora fai vedere quello che succede in aula perché lì si dicono le cose concrete, ma non parlare di cose che con il processo non avevano proprio nulla a che vedere.
Che cosa ti ha tolto il carcere?
Il carcere mi ha tolto i miei vent'anni, mi ha tolto la possibilità di vivere in pieno la mia giovinezza. Mi sono ritrovato catapultato in un'età adulta in un passaggio ultra rapido, brutale. C'è stata una forzatura nei tempi della mia vita. Il carcere ha lasciato dei segni indelebili nella mia vita. Io adesso soffro di tiroide e devo prendere una pastiglia ogni giorno. Ho problemi a prendere un aereo, non posso più accendere la televisione se no divento nervoso. Ci sono tutta una serie di problematiche psicologiche che sono costretto a portarmi dietro.
Il carcere ti ha dato anche qualcosa?
Mi ha portato a una riflessione molto profonda su alcuni temi della vita come la solitudine. Ho capito che cosa significa davvero questa parola. Noi parliamo spesso di solitudine in maniera impropria: essere soli non significa stare a casa e guardare la tv sul divano. La solitudine vera, quella che ti uccide, è quella in cui viene isolato dal mondo che ti circonda. Io quando ero in isolamento non riuscivo a vedere il sole che sorgeva perché c'erano troppi muri di cemento davanti a me, Questa cosa nel tempo mi ha portato a scompensi forti, non mi rendevo più conto di quando era giorno e quando notte. A causa di questo mi ha portato a vivere situazioni imbarazzanti come quella volta che mi ritrovai nudo a prendere una pasticca per la tiroide e l'infermiera mi guardava perplessa perché ero nudo e non me ne resi conto fino a un quarto d'ora dopo. Per avere un contatto con l'esterno mi ero inventato di controllare la temperatura del termometro ogni ora. Cose che sembrano folli ma che invece in quel momento per me avevano un senso molto profondo.
Hai mai dubitato di Amanda?
Sì, è naturale, dopo tutte le stupidaggini che ha detto ero molto scosso e avevo molta paura. Certo, a mente fredda capisci che ha detto certe cose dopo 15 ore lì dentro, senza conoscere bene la lingua e sotto una forte pressione. Di fatto lei aveva passato quella notte con me. E' vero, magari in quei giorni mi ero fumato uno spinello e non potevo ricordarmi ogni singolo dettaglio ma eventi del genere non si scordano, Abbiamo avuto una serata e una nottata tranquillissima quindi non c'era nulla che mi facesse presagire qualcosa di strano. Purtroppo la situazione e le parole di Amanda non furono ponderate bene.
In molti, compreso il tuo avvocato Giulia Bongiorno, hanno lottato duramente perché il tuo destino non fosse per forza collegato a quello di Amanda. Anche tu avevi la sensazione che il tuo destino dipendesse obbligatoriamente dal suo?
Sì, era così ed era fastidioso perché io ho sempre fatto delle scelte indipendenti dalle sue. Siamo due persone diverse, non ho mai capito perché il mio destino fosse legato in modo indissolubile al suo. Una cosa che a livello di diritti mi sembra una violazione molto grave. Ognuno deve essere giudicato per le sue responsabilità e non per quelle degli altri.
Guardando indietro che cosa rappresenta Amanda per te?
Amanda è stata una piacevole conoscenza, una parentesi di cinque giorni che è andata come è andata. Una parentesi che si è trasformata in un incubo. Le coincidenze della vita hanno voluto così.
A Seattle c'è stata grande mobilitazione in difesa e a favore di Amanda. Ti saresti aspettato lo stesso anche tu?
Ci sono state diverse persone che mi sono state vicino, ma tutti singoli o singole famiglie. Non ho mai avuto vicina una comunità intera e questa cosa mi ha fatto male, molto male, perché io a Giovinazzo, il mio paese, non ho mai fatto nulla di male a nessuno. Non capisco perché la città mi ha messo in un angolo senza mai una parola di solidarietà o vicinanza. Io sono nato e cresciuto lì, eppure sono stato eclissato. Seattle, invece, è una città enorme ma ha dato sostegno ad Amanda. A Giovinazzo in molti mi conoscevano eppure in pochi si sono mossi. E' stata una cosa amareggiante.
Secondo te questo significa che in Italia ci sono più pregiudizi che negli Stati Uniti?
Sì, negli Stati Uniti c'è un forte garantismo. I diritti civili sono al primo posto, da noi invece troppo spesso ci dimentichiamo che cosa significa avere una società giusta e con diritti uguali per tutti.
Pensi che oggi siano ancora in tanti a pensare che tu sia colpevole?
Sicuramente dopo la sentenza della Cassazione sono di meno. Quelli che lo pensano ancora sono quelli che non hanno mai avuto voglia di informarsi più di tanto e si sono fatti un preconcetto ormai difficile da smuovere.
Prima dell'assoluzione definitiva hai avuto la tentazione di restare all'estero e non tornare in Italia?
Ci ho pensato ma come dicevo prima per me questa storia prescindeva dalla mia vita e ho deciso di affrontare la cosa e tentare il tutto per tutto per tirare fuori la verità. E lo faccio ancora oggi, voglio che tutti sappiano qual è la verità. Solo questo può smuovere e cambiare quegli equilibri statici che fanno sì che si continui sempre con gli stessi malcostumi e gli stessi errori.
Oggi ti senti davvero libero?
Sì, finalmente mi sento libero di cominciare a guardare avanti nella mia vita. Prima ero ancorato a doppia mandata con una vita che non mi apparteneva, quella del carcere. Per fortuna adesso ho avuto giustizia in maniera certificata. I giudici hanno dato ragione a quello che ho ripetuto per più e più anni quando nessuno sembrava che mi stesse ad ascoltare. Questa cosa mi ha tolto un peso enorme ed è il primo passo verso il mio obiettivo finale, che è quello di avere il riscatto totale della mia vita. Il mio libro si chiama proprio così, "Un passo fuori dalla notte" perché questo è il primo passo fuori da quell'ombra che mi ha inghiottito per così tanto tempo.
Guardando indietro c'è qualcosa che non rifaresti?
Non sarei stato così ingenuo, mi sarei affidato subito a un avvocato e avrei affrontato le cose in maniera più ponderata. Avrei curato di più quelle piccole cose che invece mi hanno fatto cadere nel baratro.
Come immagini il tuo futuro?
Adesso ho una mia azienda di sviluppo software. Sto sviluppando un portale di nuova generazione che spero riscuoterà successo. Mi vorrei vedere magari a parlare con te o in televisione come imprenditore affermato per dire che la mia azienda si è quotata in Borsa e che il mio progetto ha avuto successo, senza più le ombre del passato.