Cronache
Spese sanitarie consultabili on line: 2,8 mln vendono casa per permettersele
Le spese sanitarie si possono consultare online ma 7 mln di italiani si indebitano per permettersele e 2,8 mln vendono casa. E il rancore monta implacabile...
Il grande “rimosso” italiano: le spese sanitarie sono e restano una calamità per i cittadini. Nulla sembra cambiare. Non serve entrare in un qualsiasi pronto soccorso di una grande città per accorgersene. Sui grandi numeri la prassi degli ospedali, soprattutto al centro sud, è quella di togliersi i pazienti dalle scatole, nel più breve tempo possibile. Mentre il numero dei dottori si riduce, i più giovani vengono sottopagati tra ore massacranti di lavoro insieme agli infermieri.
E’ però di pochi giorni fa la notizia, resa pubblica dal ministero dell’Economia e Finanza, che dal 7 febbraio si possono controllare le proprie spese sanitarie online in tempo reale. Sono disponibili sul sito www.sistemats.it i servizi telematici rivolti a tutti i cittadini che usano il Sistema Tessera Sanitaria (TS), per la dichiarazione dei redditi precompilata da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Nello specifico è possibile: consultare i propri dati di spesa sanitaria degli anni 2017, 2018 e 2019, segnalare eventuali incongruenze e opporsi all’invio di questi dati all’Agenzia delle entrate per la predisposizione della dichiarazione dei redditi precompilata (questa funzione è però disponibile annualmente solo nel mese di febbraio, ha deciso il Garante per la protezione dei dati personali).
Una buona prassi ma ben poca cosa rispetto all’onda che monta nel Paese, spiega una ricerca del Censis del 2018.
Gli italiani pagano 40 miliardi di euro (9,6% in più rispetto al 2013-2017), per acquisti da 150 milioni tra cure e prestazioni, farmaci, visite specialistiche e protesi. 7 milioni di italiani si sono indebitati per curarsi e 44 milioni se le pagano di tasca propria. Addirittura 2,8 milioni di italiani si sono venduti la casa per permettersi le cure (o liquidato investimenti mobiliari per recuperare le risorse necessarie per affrontare spese sanitarie private)
Un quadro drammatico, amplificato dalle promesse che anno dopo anno la politica fa ai cittadini: promesse costantemente tradite. Cresce infatti solo la sanità privata a proprie spese.
Il settore è diventato la cartina al tornasole per tracciare la disparità di trattamento tra ricchi e poveri e l’amplificatore delle insicurezze sociali. Il rapporto Censis-Rbm Salute 2018 spiega che ovviamente questo quadro pesa di più sulle famiglie a più basso reddito, per le quali l’incidenza sul reddito familiare è più ampia ed è cresciuta con il periodo della crisi economica.
Ma il meccanismo più grave che emerge dalla studio è il lievitare di un rancore sociale profondo, misto a risentimento, nei confronti del Servizio sanitario e della politica.
Se si tratta di curare patologie complesse come quelle tumorali ormai è normale che dalle regioni del sud ci siano migrazioni di massa verso il nord. E così in quelle più ricche lievitano i tempi d’attesa.
Addirittura 13 milioni di persone vorrebbero interrompere la mobilità sanitaria tra regioni e 21 milioni penalizzare l'accesso al Sistema sanitario nazionale a chi segue stili di vita scorretti, dall'alcol al fumo.
Il 63% degli italiani non si attende alcun contributo dalla politica, nonostante il nuovo quadro (la ricerca è uscita dopo le elezioni del 4 marzo del 2018). E qui la massa sembra più pratica di qualsiasi opinionista televisivo: il 47% ritiene che ci siano troppe promesse, poco realismo e poche idee veramente valide, il 24,5% pensa che la politica non abbia più la competenza, capacità di un tempo e il 7,4% è convinto che la politica conti poco rispetto ad altri fattori.
Il sentiment così poco speranzoso verso la politica è trasversale a gruppi sociali e territori; a sperare di più che la situazione migliori in sanità grazie alla politica sono gli elettori del M5S (47,1%) e quelli della Lega (44,7%), tra gli elettori di FI e Partito Democratico gli speranzosi di una sanità rilanciata dalla politica sono meno di un terzo, e tra quelli di Liberi e uguali la quota è ancora inferiore.