Cronache
Vibo, scoppia la rabbia dei migranti: "Giustizia per Sacko Soumayla"
Sackou Soumali non è stato ucciso per razzismo. Ne sono convinti gli inquirenti che stanno indagando sull'omicidio del 29enne maliano
Proseguono senza sosta le indagini dei carabinieri della Compagnia di Tropea per risalire all'autore dell'omicidio di Soumaila Sacko, di 29 anni, e del ferimento di altri due migranti avvenuto sabato sera a San Calogero. I carabinieri sin dalla notte tra sabato e domenica stanno eseguendo perquisizioni in tutta l'area alla ricerca della Fiat Panda bianca vecchio modello, a bordo della quale - secondo il racconto dei due feriti - e' giunto l'uomo, di carnagione chiara che ha sparato quattro colpi di fucile caricato a pallettoni contro i tre migranti. Gli investigatori, coordinati dalla Procura della Repubblica, avrebbero imboccato una pista precisa per individuare l'autore.
I carabinieri hanno anche sentito alcune persone alla ricerca di indizi. Dopo essere stati feriti lievemente dai colpi, i due sopravvissuti hanno dato l'allarme, ma non avendo telefoni cellulari sono tornati a piedi a Rosarno (Reggio Calabria), distante una decina di chilometri da San Calogero, dove si sono recati dai carabinieri. I militari si sono recati quindi sul posto facendo intervenire il 118 che ha soccorso Sacko portandolo nell'ospedale di Reggio Calabria dove pero' e' morto per una ferita alla testa. Intanto alla tendopoli di San Ferdinando sale la tensione.
Lo sciopero generale convocato dall'Usb ha avuto successo: nessuno stamattina si è presentato agli svincoli dove i caporali scelgono quotidianamente a chi 'regalare' una giornata di lavoro. Ma a molti l'assemblea convocata oggi per discutere come reagire all'omicidio di Soumayla non basta. Vogliono scendere in piazza subito. Chiusa da un cordone di polizia la vecchia tendopoli è inaccessibile. Dietro le volanti un gruppo di migranti mostra cartelli, grida slogan.
"Se anche Soumayla fosse andato a rubare, e non lo stava facendo, perché quell'uomo non ha chiamato la polizia?", dice un ragazzo che mostra un cartello ricavato con un pezzo di cartone che chiede giustizia. "Noi - dice un altro, giovanissimo - siamo qui per lavorare. Ma ci ammazzano come animali, ci picchiano, ci maltrattano solo perché siamo africani". Compatti, i braccianti chiedono che la stampa entri in tendopoli, capisca in quali condizioni siano costretti a vivere.
Ma la polizia fa muro. "Per adesso non è sicuro. È meglio di no". I fuochi che ieri sera sono stati accesi per protesta - un paio di cassonetti dati alle fiamme, subito spenti dai vigili del fuoco - non ardono più da ore. Gli animi invece continuano ad essere caldi. "Salvini razzista, la colpa di tutto questo è tua" gridano. "Se Soumayla è morto è perché c'è chi pensa e dice che siamo solo animali, ma senza il nostro lavoro la Piana è ferma, nei campi non lavora nessuno" dicono. Ed è vero. Nei frutteti e nelle piantagioni dell'area oggi nulla si muove. La delegazione dell'Usb arrivata da Roma cerca di calmare gli animi. Il presidio diventa un corteo spontaneo diretto a San Ferdinando, davanti al Comune. Cartelli improvvisati, striscioni, qualche bandiera dell'Usb. "Basta razzismo", urlano.