Culture
Cresciuto in “scuole delle certezze”, senza neanche un maestro per dubitare

Di Benedetta Cosmi
Un ragazzo che, del tutto in buona fede, crede di avere molto da dire, e ha solo un gran bisogno che gli venga detto qualcosa di importante. Un giovane professionista degli anni duemila che vorrebbe essere con Guido Calogero e Noberto Bobbio, nel ritratto di Guttuso, a dibattere e mettere in dubbio. Quelle certezze che per anni al Liceo gli hanno veicolato. Come punti “indiscutibili”.
Perché dove è oggi la filosofia del dialogo? In rete? in biblioteca? Dove sono coloro impegnati "nella difficile arte del dialogo"? Sfogliamo un libro pubblicato negli anni 50, e cerchiamo di riconoscere i filosofi e gli intellettuali, di oggi. Cerchiamo i luoghi di "Politica e cultura" e leggiamo ad alta voce.
"Si dirà che l'uomo di cultura non può appartarsi, che anch'egli deve impegnarsi, cioè scegliere uno dei due lati dell'alternativa. Ma l'uomo di cultura ha il suo modo di non appartarsi".
Il giovane legge: "non vi è nulla di più seducente, oggi, che il programma di una filosofia militante contro la filosofia degli 'addottrinati'. Ma non si confonda la filosofia militante con una filosofia al servizio di un partito che ha le sue direttive, o di una chiesa che ha i suoi dogmi, o di uno stato che ha la sua politica. Perché c'è, per l'uomo di cultura, il diritto di non accettare i termini della lotta così come sono posti, di discuterli, di sottoporli alla critica della ragione. Criticando sia ogni engagement strumentale sia un esercizio disimpegnato della cultura".
"Un Elogio del dubbio e della ragione" nasceva dopo la seconda guerra mondiale ma e' utile per riflettere anche sulla disillusione, successiva.
Se a quell'epoca, infatti, il mondo si trovò diviso in due blocchi ideologici contrapposti e la lotta politica e ideologica si ridusse nell'accettare una posizione, automaticamente, senza considerare anche gli aspetti positivi delle atre posizioni, seguirono gli anni del disincanto. Nessuna passione per un ideale politico, e il fraintendimento tra partito e politica e' stato totale. Tutto quel fervore del passato si era rivelato, o comunque appariva ai più, un grave errore. Erano stati gli anni della guerra fredda, della "caccia alle streghe" e del maccartismo negli Stati Uniti, dello stalinismo più feroce in Unione Sovietica. In questo quadro, la tensione verso l' "impegno" sociale e politico rischiava di sconfinare nel dogma, oscurando la lucidità e il senso critico. Spesso, infatti, la "scelta di campo" imposta dalla divisione politico-ideologica internazionale comportò, secondo Norberto Bobbio, l'accettazione supina di comportamenti in sé insostenibili, ma giustificati dalla logica di schieramento. Nel celebre libro del 1955 (Politica e cultura), il filosofo metteva in guardia dalle possibili degenerazioni dell' "impegno" di quegli anni: decidere tra due contendenti politici - affermava - "non è il compito specifico dell'intellettuale, per lo meno nella sua versione illuminista; al contrario l'intellettuale deve tener fede ai doveri della critica e del dubbio contro ogni fideismo e dogmatismo". Ma negli anni successivi, del post guerra fredda e del post '68 quando arriva la cultura del post moderno, allora il rischio e' un altro. Se i maestri, di giornalismo, di scuola, hanno fatto coincidere l'obiettività col disimpegno, un ethos troppo tiepido e' stato fatto passare per "super partes". E l'imparzialità e' stata sempre più accondiscendenza, così la politica a scuola più che una cosa pericolosa, come ai tempi del fascismo, e' finita per apparire una cosa inutile, una attività superflua, neppure capace di assurgere a qualche valore educativo.
Si documenta una delle prime riunioni clandestine del movimento liberalsocialista, nella villa di Umberto Morra, nei pressi di Cortona (Meteliano), avvenuta nel 1939. Da sinistra, Bobbio, Luporini, Capitini, Morra. Sotto: la nuca di Guttuso e Calogero, un "maestro del dialogo".
Norberto Bobbio dice di quest'ultimo "Non è un caso che i ragazzi della Federazione giovanile del Partito d´Azione si rivolgessero a lui per farsi chiarire la struttura e il senso delle principali regole della discussione democratica", in un momento in cui tutta la struttura era smantellata dal fascismo.
Le figure di Calogero e Bobbio, testimoni di vivacità, anche oggi sono modelli indispensabili di democrazia. Sono intellettuali vivi, capaci di affascinare i giovani, perché, i primi come i secondi, più di tutti, cercano umanità e spessore per le proprie azioni, e quella portata dialettica mai affrancata da contenuti etici, dotata di uno sguardo che interroga la società, e' di ispirazione anche sui temi di scottante attualità. Se non le risposte, certamente Bobbio include le domande che ci porremo ancora nei prossimi secoli.