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Culture
L’amore che mi resta, di Michela Marzano, Einaudi

di Alessandra Peluso

Con la consueta scrittura cristallina, fervida, comunicativa, arriva il nuovo romanzo di Michela Marzano “L’amore che mi resta”, edito da Einaudi. Puntualmente irrompe nelle profondità dell’anima e scava, con un dire che è proprio del filosofo; affronta l’universale come l’amore, il dolore, l’abbandono e congiunge al sentimento l’umano.

Michela Marzano è per l’appunto una filosofa, è una politica. Sempre attenta alle questioni bioetiche da lei affrontate con sensibilità singolare e vivida personalità senza tuttavia, dimostrare mai presenzialismi o stridenti autoreferenze. Esigenza primaria è per lei quella di diffondere un messaggio, seminare, come in ogni suo libro, anche ne “L’amore che mi resta”.

Questo romanzo è dedicato all’adozione, al legame di una madre e di una figlia, al dolore che sconquassa e come afferma la psicoterapeuta Cristiana, una protagonista della storia, a Daria, la madre di Giada: «Il dolore non se ne va via. È il peso a cambiare. A un certo punto, diventa insopportabile. Anche se nella memoria tutto rimane come prima. Anzi. Prende quasi una forma nuova: si sente, si odora, si assapora» (p. 129). Ad un tratto, ascoltate queste parole, eh sì, si ascoltano, non si leggono soltanto, e come se per un attimo avvertissi lo stesso vuoto di chi il dolore lo ha vissuto, e da farfalla libera ritorni inchiodata alla tua identità, al tuo essere, ti specchi proprio come ha fatto Giada prima di morire.

l'amore che mi resta
 

È un romanzo, ma non è proprio un romanzo, è un racconto, ma non è proprio un racconto. È la vita, sì, la vita che ti offre l’amore, il quale diventa l‘unica salvezza, e poi ti toglie, ti abbandona. Si  dimostra in tutte quelle forme che plasmano ciascuno di noi fino a farlo diventare adulto e ancora continuare a chiedersi: “Perché?”, “Perché proprio a me?”. Michela Marzano è, inoltre, attenta a vivisezionare ogni aspetto dell’esistenza, ad evidenziare, in particolar modo, la necessità per tutti di esserci, il bisogno di sentirsi amati, soffermandosi sull’ascolto e sul dialogo, quali momenti imprescindibili per una comunicazione amabile, esaustiva, sana.

Ascoltarsi è d’obbligo e lo si avverte anche in questo libro di Marzano. E la parola diviene fondamentale presenza dell’essente che vuole essere compreso, come forse avrebbe voluto Giada. “Non c’è parola senza ascolto. (…) Ascoltare veramente significa ascoltare tutto. (…) Niente parola senza ascolto” (p. 193).

È un’intera famiglia che ruota attorno all’eterea ed enigmatica Giada, ad un segreto, così come Cristiana, Paolo, il gruppo di auto-mutuo aiuto, Giacomo, Graziano, più donne, più madri, legate da un unico filo conduttore: la nascita, l’abbandono di una figlia. Dietro all’adozione, spesso si nascondono drammatiche situazioni, fragilità, incompetenze, solitudini. Non è facile gestire le emozioni.

Tuttavia, “L‘amore che mi resta” sembra un rinnovamento ciclico che conduce ad una rinascita, poi ad un distacco e nuovamente alla rivelazione, in seno alla quale l’autrice ribadisce con forza che “l’amore è tutto. È tutto ciò che sappiamo dell’amore. È come una cicatrice sul corpo che non va più via, nonostante si cerchi di camuffarla o di cancellarla. Come l’amore di una madre per il figlio” (Michela Marzano, 2013). E allora, sembra di stare ad esaminare il bilancio di una vita, proprio come è accaduto a Daria, alla quale, l’unica grande e sola consolazione che le resti, è l’amore.

E così, ne “L’amore che mi resta”, Michela Marzano, attraverso la scansione degli episodi in parti, riporta come principio, su ognuna di esse, delle citazioni autorevoli quali ad esempio Livian Lamarque, conducendo il lettore verso un sentiero. Da qui, si muove nel ricordo, percorre il dolore, riconosce la perdita, cerca la verità e la ritrova nella rivelazione di ciò che si è “nella nudità, inanità, miseria”, proprio per via dell’amore.        

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