Culture

Saviano, dalla solidarietà all'ostilità... Il perché nella biografia di Monina

 

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Come conferma la riuscita biografia di Roberto Saviano scritta da Michele Monina, (in libreria dal 19 settembre per Barbera Editore), l'approccio del mondo culturale nei confronti dell'autore di Gomorra e Zero Zero Zero è molto cambiato con il trascorrere degli anni: dal sostegno senza se e senza ma dei primi tempi si è infatti giunti all'ostilità, spesso gratuita, degli ultimi anni. Del resto Saviano, costretto a vivere sotto scorta dal 13 ottobre 2006 per le minacce della camorra, da tempo ormai non è più solo uno scrittore di straordinario successo, ma un'icona. E in questi casi, purtroppo, l'invidia è una conseguenza inevitabile.

Il punto di forza di "Ricomincio da zero, zero, zero. Roberto Saviano una biografia", libro onesto che non cede né alle lusinghe né ai facili attacchi, è la capacità di raccontare questo passaggio che sta segnando la vita pubblica dello scrittore campano attraverso esempi concreti. Ma la biografia in questione è anche una riflessione sul new journalism, modello a cui si ispirano sia Saviano sia Monina.

 

Qui di seguito pubblichiamo un estratto dal libro (per gentile concessione dell'editore):

(...)

Il 13 ottobre 2006 Roberto Saviano entra sotto scorta, condizione in cui vive a tutt’oggi.
A questo punto la notizia diventa davvero di pubblico dominio. Ne parlano non solo i quotidiani nazionali, ma anche i telegiornali. Roberto Saviano, di colpo, proprio mentre è costretto a mettersi in fuga, a scomparire dalla vita pubblica, a rinunciare alla propria vita privata, diventa famoso. Non ancora famosissimo, ma sicuramente conosciuto. Il libro, a questo punto, comincia a vendere bene. Succede così, a volte. Uno diventa popolare per motivi che, direttamente, con il proprio lavoro c’entrano poco, e di conseguenza il proprio lavoro comincia a rendere di più.
Roberto Saviano, un esordiente, di più, un esordiente che ha dato alle stampe un libro difficile, per il mercato italiano, un romanzo che però sembra un reportage, un romanzo che è anche un saggio, arriva in testa alle classifiche di vendita. Inizialmente, proprio per questa confusione ingenerata dall’essere opera spuria, entra in testa alle classifiche di saggistica, poi lo spostano su quelle di varia, e solo dopo l’intervento diretto della Mondadori, evidentemente interessata a che si sappia che Gomorra è opera di Fiction, seppur di fiction-non-fiction.
A questo punto a esprimere solidarietà a Roberto Saviano sono in tanti, perché il successo, seppur ancora un successo contenuto, procura sempre molti amici, inizialmente.
Tanti colleghi, verrebbe da dire tutti, perché ancora Roberto Saviano è solo uno che è appena entrato in vetta alla classifica, e tanta gente comune, gente che magari non ha ancora letto il libro, ma si è avvicinata in libreria a questo strano volume con una copertina nera con coltelli rosa, e pensa, prima o poi, di tornarci per comprarlo, e magari anche per leggerlo.
I colleghi sono tutti con lui, quindi. Non così è per i suoi conterranei. L’improvvisa fama che  Casal di Principe comincia ad avere non è molto gradita dai suoi abitanti, sorte che poi toccherà ad altre zone del napoletano raccontate dal nostro, una su tutte Scampia con le sue Vele. Così capita che alcuni dei suoi abitanti si scaglino contro Saviano, accusandolo di aver venduto la sua terra per diventare famoso. Di aver venduto il sangue del proprio sangue per fare soldi, perché, è noto, chi vende libri, poi, diventa ricco.
La cosa diventerà palese quando, un anno dopo il famoso discorso che gli è valso la scorta, Saviano, sempre in compagnia di Fausto Bertinotti, decide di tornare sul luogo del delitto, a Casal di Principe. Qui arriveranno alcune, prime, contestazioni. Saviano è già una star, perché il suo libro, Gomorra, a distanza di un anno e mezzo dalla sua uscita, è ancora in vetta alle classifiche. È una star la cui firma è diventata firma di punta del principale quotidiano nazionale, la Repubblica, questo nonostante il nostro abbia appena ventinove anni. La gente, non molti ma alcuni, lo fischia. Gli dà del venduto. Tra questi, va detto, c’è anche il padre di Francesco Schiavone detto Sandokan, capo del clan dei Casalesi, al momento in carcere, Nicola. Gli viene impedito di salire sul palco per replicare  alle parole di Saviano, e la sua presenza, è un fatto, in qualche modo influenza i presenti, intimoriti da come un capobastone posso in qualche modo fare ritorsioni a quanti sono accorsi per sentire parlare un traditore, ma nei fatti il muro di solidarietà intorno a Saviano comincia, lentamente, a sgretolarsi.
E qui torniamo al discorso fatto in esergo di capitolo, qui non si fa ironia.
Le voci contro Saviano, quelle di dissenso partono da lì. E non si fermano più.
Il successo, è un fatto, porta con sé sempre invidie. E se il successo è così spropositato, quasi ingiustificato, a voler essere pignoli, le invidie saranno ancora più forti, violente.

(continua in libreria)