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Ocse, Italia maglia nera su fecondità

“Preoccupano i dati del Rapporto Ocse 'Society at a Glance 2024', secondo i quali il Tasso di fecondità totale in Italia è il più basso, insieme a quello della Spagna, con 1,2 figli per donna nel 2023. È la conferma, purtroppo, che la denatalità resta un problema serio, che bisogna affrontare con politiche familiari costruttive e lungimiranti”. Così Ermanno Greco, Presidente della Società Italiana della Riproduzione (S.I.d.R.), in merito al Rapporto dell'Ocse, 'Society at a Glance 2024'. 

Secondo l'Ocse, l'organismo internazionale per lo sviluppo e la cooperazione economica internazionale con sede a Parigi, a incidere fortemente su questo calo è l'aumento dell'età in cui le madri hanno il primo figlio, passata da 26,5 anni nel 2000 a 29,5 nel 2022 e questo, osserva Greco, “è un problema attuale ma con conseguenze drammatiche per le generazioni future, che si troveranno a far fronte a un calo delle nascite sempre più evidente. Occorre intervenire tempestivamente, anche attraverso il sostegno a tecniche di procreazione medicalmente assistita, che oggi sono molto efficaci, soprattutto se associate alla diagnosi genetica preimpianto”.

Attualmente, precisa il Presidente S.I.d.R., “in Italia la fecondazione in vitro contribuisce al 3% circa delle nascite, vale a dire circa 11mila nati, mentre nel mondo sono nati più di 5 milioni di bambini. Le PMA sono passate da 90mila a 110mila, come emerge dalla Relazione al Parlamento sulla PMA 2023 sull’attuazione della Legge 40 del 2004”.

“A tutt’oggi - rileva ancora Greco - nonostante il calo preoccupante delle nascite, la convenzione per i trattamenti di fecondazione in vitro nella maggior parte delle Regioni italiane non è ancora partita, pur rientrando questo tipo di trattamento nei LEA. Solo la Toscana e la Lombardia hanno strutture private convenzionate, nel resto d’Italia solo pubbliche e insufficienti per soddisfare le esigenze. Inoltre, riteniamo fondamentale che i risultati clinici dei vari centri siano accessibili alle coppie come in altri Paesi, ad esempio l’Inghilterra. Fornire dati aggregati non ha senso - precisa - sono confondenti e vanno contro la meritocrazia e gli interessi dei pazienti. Penso che si debba dare la possibilità ai centri italiani di reclutare le donatrici per i programmi di ovodonazione, come avviene negli altri Paesi e ciò consentirebbe un maggiore accesso alla fecondazione eterologa, importantissima se consideriamo l’età media delle donne che si approcciano alla PMA”.

La Società Italiana della Riproduzione (S.I.d.R.) promuove la ricerca scientifica, l'informazione e la formazione nel campo della riproduzione assistita, per dare alle coppie le migliori opportunità e opzioni disponibili nel rispetto dei principi etici.

“È necessario favorire il dialogo tra esperti, istituzioni e società civile per promuovere una maggiore conoscenza sul tema della Pma, che spesso è vissuta come un tabù dalle coppie coinvolte” conclude Greco.






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