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Economia
Altro che inverno "tranquillo": il gas si sta esaurendo e il 2023 sarà duro

In uno scenario già complesso ci sono due ulteriori tematiche. Il primo riguarda lo stabilimento di Priolo che lavora il greggio di Lukoil. In questo caso si pensa che il progetto di nazionalizzazione messo in pista dal ministro Fratin potrebbe non essere necessario. L’Eni, a quanto risulta ad Affaritaliani.it, aveva dato la sua disponibilità, ma pare che sulla scrivania dei russi siano arrivate 5-6 proposte di fondi, compreso uno americano che, all’indomani dello scoppio della guerra, ha iniziato la due diuligence presagendo che ci sarebbero stati problemi. Priolo continua a lavorare perché ha ancora scorte, ma il prezzo su cui ci si basa non può essere quello immaginato, in cui il multiplo si applica a una Ebitda “drogata” dal basso costo della materia prima (appunto il petrolio russo di Lukoil). Si vedrà.

L’altro tema caldo riguarda gli extra-profitti delle aziende del settore energetico. In questo caso chi lavora nel comparto tiene a far sapere che è proprio il termine “extra-profitto” a essere fuorviante. Non c’è nulla di nascosto, ma si tratta di aziende che devono fare utili per remunerare gli azionisti. E che in questi anni hanno prodotto miglioramenti significativi nei processi. Ad esempio Eni, che è passata da un costo per il break even sul petrolio di 114 al barile a 40, in sette anni, attraverso efficienze e ottimizzazioni senza tagliare i lavoratori. Con “l’oro nero” le aziende hanno perso miliardi (ad esempio nel 2020, con il Brent vicino a quota 0).  Molto spesso non è in Italia che si fanno profitti superiori al passato. Anzi. Il nostro rimane un mercato piuttosto debole, in perdita, compensato dalle attività in altri Paesi
 

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