Economia

Atlantia, Autostrade a un passo da Cdp. Occhi su Gic, la spinta dei proxy

Lunedì l'assemblea della holding infrastrutturale controllata dai Benetton sull'offerta da 9,3 miliardi di Cassa-Blackstone-Macquarie per l'88% di Aspi

Domani potrebbe essere scritta la parola fine alle trattative per il passaggio del controllo di Autostrade per l'Italia a Cdp. Si riunirà l'assemblea di Atlantia (convocata per le 14) che detiene l'88% di Aspi che dovrà decidere se cedere la quota di controllo al consorzio formato da Cdp e dai due fondi, Blackstone e Macquariue.

I soci della holding dovranno votare se accettare l'offerta da 9,3 miliardi di euro del consorzio e dare semaforo verde alla vendita. In questo caso, sempre nella serata di lunedì, si dovrebbe tenere il Cda della holding infrastrutturale controllata dalla famigia Benetton per fissare la data di un altro consiglio (presumibilmente il 10 giugno) per formalizzare il deal e la transazione finale che potrebbe avvenire a fine giugno con il closing finale dell'operazione nel primo trimestre del 2022.

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Al momento è iscritto circa il 70% del capitale sociale, l'esito del voto sembra abbastanza scontato dal momento che gli azionisti forti della holding - Edizione (famiglia Benetton) e Fondazione Crt - hanno rispettivamente il 30,2% e il 5,5% dell'azionariato di Atlantia e hanno da tempo manifestato l'intenzione di chiudere l'operazione cedendo Autostrade a Cdp.

Quello che fa propendere per un esito positivo della vicenda, iniziata il 14 agosto del 2018 con il crollo del Ponte Morandi costato la vita a 43 persone, è l'esito dell'assise del 29 marzo scorso quando i soci di Atlantia decisero di non approvare la proroga del termine (dal 31 marzo al 31 luglio) per la scissione (la strada alternativa alla cessione a Cdp).

Anche in quella occasione a pesare sono state le azioni di Edizione e di Crt riuscite a far passare con il 51,8% la loro linea contro quella dei fondi (48% contrari). In particolare, era stato il fondo britannico Tci (che detiene 10% circa di Atlantia) a spingere prima per la scissione, poi per la cessione alla spagnola Acs la cui offerta, ha scritto Tci in una lettera al premier Mario Draghi, al Mef e al Mims di Enrico Giovannini, "è sensibilmente superiore a quella del consorzio Cdp".

Il Fondo Tci ha sempre detto di considerare una valutazione equa di Aspi tra gli 11 e i 12 miliardi di euro. Altro elemento favorevole al buon esito della vicenda, le indicazioni dei tre proxy advisor, che raccolgono le azioni e indirizzano il voto assembleare, che hanno dato parere favorevole alla cessione. Da valutare infine l'operato del fondo di Singapore Gic (8,29%) che al momento non si è espresso mantenendo il silenzio.