Economia
Aziende italiane, nel post-pandemia utili raddoppiati. Ma ora arriva la crisi
Dal 2023, il contesto macroeconomico si è ulteriormente complicato a causa dell'inflazione, che ha ridotto il potere d'acquisto delle famiglie
Nel post-pandemia l'utile delle aziende raddoppia
I bilanci delle aziende italiane nel periodo successivo alla pandemia dipingono un quadro di notevole crescita del valore della produzione e degli utili, che si sono duplicati tra il 2020 e il 2021, registrando un ulteriore incremento del 16% tra il 2021 e il 2022. Questo aumento è stato particolarmente accentuato nel settore delle costruzioni, dove le imprese, beneficiando anche di generosi incentivi per il risparmio energetico, hanno visto gli utili quadruplicare tra il 2020 e il 2021 e crescere ulteriormente del 140% tra il 2021 e il 2022. Questi dati evidenziano un settore produttivo estremamente dinamico, capace di compensare l'aumento dei costi delle materie prime, in parte contenendo gli incrementi dei costi del lavoro e in parte aumentando i ricavi. Lo riporta Il Sole 24 Ore.
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Nel biennio post-Covid, le imprese sono riuscite anche a ridurre l'incidenza degli interessi passivi sui costi operativi. Tuttavia, a partire dal 2023, il contesto macroeconomico si è ulteriormente complicato a causa dell'inflazione, che ha ridotto il potere d'acquisto delle famiglie, esercitando una pressione al ribasso sui consumi. Le politiche fortemente restrittive della Banca centrale europea hanno notevolmente aumentato il costo del debito, penalizzando gli investimenti, mentre la frammentazione delle catene del valore, causata dalle tensioni geopolitiche, ha rallentato il commercio mondiale. Nei prossimi anni, le imprese si troveranno ad affrontare una crescente incertezza. Secondo i dati del World Uncertainty Index, l'indice di incertezza a livello mondiale è più che raddoppiato nell'ultimo biennio. L'indagine Ipsos-Unioncamere-Tagliacare di ottobre prospetta uno scenario di estrema incertezza, con un significativo aumento delle imprese che non sono in grado di esprimersi sull'andamento dell'attività economica fino al 2024, soprattutto per quanto riguarda le esportazioni, a causa dell'instabilità della situazione internazionale.
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La riconfigurazione delle catene del valore, con l'accorciamento (nearshoring) e la ricerca di partner affidabili (fiendshoring), aumenta l'incertezza sui fornitori, soprattutto quelli geograficamente più distanti (indagine Centro studi Tagliacame-Unioncamere, 2023). La combinazione di tassi di interesse più alti e incertezza crescente potrebbe avere effetti negativi sugli investimenti delle imprese, rallentando la duplice transizione verde e digitale con conseguenze negative sulla produttività e sulla crescita a medio-lungo termine. Si sa infatti che gli investimenti in tecnologie, specialmente se accompagnati da investimenti in competenze, comprese quelle manageriali, possono significativamente aumentare la produttività. Gli investimenti in capitale tangibile e, soprattutto, intangibile sono essenziali per migliorare la posizione delle imprese nelle catene internazionali del valore. In questo contesto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta un'opportunità che il nostro tessuto industriale non può permettersi di perdere.
Nonostante una percentuale significativa delle imprese sembri esserne consapevole (secondo il sondaggio 2023 del Centro studi Tagliacame-Unioncamere, il 15% delle imprese si è attivato su progetti del Pnrr, mentre un altro 23% ha in programma di farlo), persistono notevoli difficoltà non solo legate a ostacoli burocratici, ma anche a una carenza di personale interno e di assistenza tecnica per seguire le procedure amministrative. Inoltre, in un Paese con un trend demografico negativo e un flusso netto negativo di immigrazione di lavoro qualificato, la carenza di competenze potrebbe rappresentare un forte vincolo alla crescita nei prossimi anni. Il rafforzamento del tessuto industriale non può prescindere da un maggior investimento del Paese in istruzione e formazione, nonché dalla valorizzazione delle competenze, al fine di interrompere il flusso netto in uscita di giovani qualificati.