Economia
Bce, le capriole politiche di Weidmann.Ecco tutte le volte che ha detto "nein"
Il banchiere che ora punta alla Bce si è convertito in Zona Cesarini in maniera opportunistica al quantitative easing di Mario Draghi. Chi è Jens Weidmann
Cosa non si fa per una poltrona: in piena “corsa” per la successione a Mario Draghi ai vertici della Banca centrale europea, il presidente della Bundesbank Jens Weidmann ha “riabilitato” il quantitative easing, prendendo al volo l’occasione data dalla sentenza della Corte di giustizia europea dello scorso dicembre secondo cui il piano di acquisto di titoli di stato sul mercato portato avanti fino al 2018 dalla Bce non solo non ne violava il mandato ma neppure costituiva una violazione del divieto di finanziamento monetario (dato che gli acquisti di titoli sono effettuati su mercati secondari e non in asta).
Una sentenza quella della corte Ue nata a seguito di una serie di ricorsi presentati da soggetti privati tedeschi alla corte federale della Germania in cui i ricorrenti chiedevano se l’azione della Bce rientrasse o meno nell’ambito del proprio mandato. Nel 2014 la corte tedesca aveva espresso un parere, non vincolante, sostenendo di vedere “importanti ragioni” per ritenere che il Qe “eccede il mandato di politica monetaria della Bce e quindi vìola i poteri degli stati membri e il principio che proibisce il finanziamento monetario dei bilanci nazionali”, ma per la prima volta da 60 anni aveva trasmesso il caso alla corte europea perché si esprimesse in modo definitivo in merito.
A far scorgere le “importanti ragioni” alla corte tedesca era stata proprio la testimoninanza di Weidmann: appoggiandosi a un documento di 29 pagine redatto dal dipartimento legale della Bundesbank, aveva osservato che non fosse possibile affermare oggettivamente che esistessero o meno disturbi nei meccanismi di trasmissione della politica monetaria nell’area dell’euro. Tesi esattamente opposta a quella della Bce secondo cui in alcuni paesi (Italia e Sud Europa in genere, ndr) il calo dei tassi non arrivava perché prevaleva il premio al rischio indotto dalla paura di una prematura fine dell’euro. Un giudizio che Weidmann rigettava ritenendo possibile una conferma solo “ex post”.
Che Weidmann sia oltre che un banchiere centrale finora estremamente “ortodosso” anche un abile politico non possono esserci dubbi. La sua carriera decollò infatti nel 2006 quando, dopo un “apprendistato” al Fondo monetario internazionale e al centro studi della Bundesbank, venne nominato direttore della divisione economica e finanziaria della cancelleria tedesca, guidata da Angela Merkel. Negli anni successivi Weidmann ricoprì il ruolo di capo negoziatore per la Germania nei summit G8 e G20 e quando nel 2011 venne nominato ai vertici della Bundesbank non pochi funzionari temettero potesse rivelarsi un “burattino” della stessa Merkel.
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