Borse in rialzo con il petrolio. Sterlina debole sull'ipotesi Brexit
Inizio di settimana positivo per i listini azionari che si giovano del rimbalzo del prezzo del petrolio. Le Borse europee chiudono in rally, rafforzate dal buon andamento di Wall Street. Bene anche i listini asiatici, dopo che dalla Cina e' arrivata la notizia del cambio al vertice della Consob nazionale. Aiuta i mercati l'accordo di venerdi' per cercare di scongiurare la Brexit, che preserva lo status privilegiato della City. Milano e' maglia rosa in Europa, anche grazie ai bancari e a Telecom. L'indice Ftse Mib sale del 3,52% a 17.504,58 punti. Londra cresce dell'1,47% a 6.037,73 punti. Francoforte avanza dell'1,98% a 9.573,59 punti e Parigi guadagna l'1,79% a 4.298,70 punti.
Sul mercato valutario, non si arresta la caduta della sterlina britannica, che piomba ai minimi da 7 anni dopo che nel fine settimana il premier David Cameron ha annunciato la data del temuto referendum sulla permanenza nell'Unione europea. Nel pomeriggio la sterlina perde quasi l'1,3 per cento rispetto al dollaro americano, finendo a 1,4058 dollari, il livello più debole per la divisa Gb dal marzo del 2009. Nel frattempo l'euro è balzato fino a 0,7844 sterline, invertendo il rapporto il pound è caduto a 1,2749 euro. Le quotazioni della sterlina hanno pesantemente accusato lo schierarsi del popolare sindaco di Londra, Boris Johnson, a favore dell'uscita dell'Ue, a dispetto del pressing tentato nelle ultime ore da Cameron.
In Asia il Nikkei ha archiviato la seduta in rialzo dello 0,9% a 16.111,05 punti, grazie alla performance positiva del comparto aeronautico e alimentare, nonostante la lettura del Pmi di febbraio sia stata deludente. Inoltre i timori su una possibile crisi del settore bancario che si sono alleviati, sebbene il contesto di crescita lenta e di bassi rendimenti persistera' nei prossimi mesi.
Nonostante la chiusura positiva, il comparto minerario e quello dell'acciaio continuano pero' a soffrire in quanto i prezzi delle commodity restano instabili. Entrando nel dettaglio dei numeri macro, il Pmi manifatturiero di febbraio del Giappone, nella lettura preliminare, e' sceso nettamente a 50,2 punti dai 52,3 di gennaio. Il dato e' calato sui minimi da 8 mesi. Intanto, sul fronte della politica monetaria, il presidente della BoJ, Haruhiko Kuroda, ha difeso a spada tratta la decisione della Banca centrale nipponica di tagliare il tasso sui depositi in negativo. Il numero uno della Bank of Japan, in una seduta del Parlamento, ha riconosciuto che non tutto il popolo giapponese ha gradito la scelta dell'Istituto, ma ha continuato a evidenziare i benefici dell'attuale politica, come prestiti e mutui piu' economici che possono ridare slancio all'economia. Il ministro delle Finanze, Taro Aso, non ha pero' offerto un grosso sostegno a Kuroda, sottolineando, nella stessa seduta parlamentare, come l'esecutivo di Tokyo sapesse "gia' dall'inizio che la politica monetaria non puo' fare piu' di tanto. Ci sono i soldi, ma non c'e' la domanda. Questo e' il problema piu' grande".
Infine Kuroda ha affermato che la recente volatilita' dei mercati finanziari e' stata causata dal crollo dei prezzi del petrolio e dai timori degli investitori sulle prospettive economiche della Cina. "L'avversione al rischio tra gli operatori e' diventata eccessiva", ha concluso il banchiere centrale, puntualizzando che la BoJ monitorera' con estrema attenzione i potenziali impatti dell'instabilita' dei mercati sull'economia e sui prezzi giapponesi. In Cina invece lo Shanghai Composite ha chiuso con un incremento del 2,4% a 2.927,18 punti, lo Shenzhen del 2% a quota 1.888,18 e il ChiNext dell'1,6% a 2.245,56 punti dopo il cambio al vertice dell'autorita' di regolamentazione dei mercati cinese. Liu Shiyu, veterano della Banca centrale del Paese asiatico, sostituira' infatti Xiao Gang come responsabile della China Securities Regulatory Commission.
Diversi analisti e investitori hanno mostrato il loro apprezzamento per il cambio al vertice della Commissione e ritengono che la sostituzione dimostri la volonta' delle autorita' del Paese asiatico di spingere sulle riforme del sistema finanziario della Cina, evitando gli errori commessi in passato come quello del cosiddetto "circuit breaker" avviato a inizio anno. Il sistema prevedeva un blocco delle contrattazioni nel caso si verificasse un ribasso sull'azionario superiore al 5%. Il meccanismo era pero' durato solo per pochi giorni durante i quali la borsa di Shanghai era crollata, con volatilita' alle stelle e con conseguenti chiusure anticipate dei listini.