Economia

Carige, rischio Mps: serve lo Stato? Solo l'intesa Malacalza-banche lo evitano

I fondi si sfilano dall'acquisto. Più concreta l'ipotesi nazionalizzazione per la banca ligure. Gli scenari

di Luca Spoldi
Andrea Deugeni

La ricerca di un “cavaliere bianco” non è mai facile e che per Banca Carige non potesse essere diversamente lo si era già capito dall’evoluzione degli ultimi mesi: le banche concorrenti sono accorse “obtorto collo” in soccorso dell’istituto ligure solo tramite lo schema volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi e l'azionista di riferimento, il gruppo Malacalza (27,55% del capitale), dopo aver investito 423 milioni di euro ritrovandosi in mano una partecipazione del valore teorico (essendo il titolo congelato in borsa) di poco più di 23 milioni, fa saltare un aumento di capitale da 400 milioni che avrebbe comportato un ulteriore esborso di un centinaio di milioni.

banca carige crolla
 

Ma la “prova provata” del fatto che non sarà semplice arrivare a un lieto fine di questa vicenda viene dalla decisione annunciata dalla Bce di prorogare al 30 settembre 2019 il termine dell’amministrazione straordinaria temporanea della banca, avviata il primo gennaio scorso. Fino a tale termine i tre commissari Pietro Modiano, Fabio Innocenzi e Raffaele Lener, oltre che i membri del Comitato di Sorveglianza (Gian Luca Brancadoro, Andrea Guaccero e Alessandro Zanotti) potranno dunque operare così da “assicurare il rispetto in modo sostenibile dei requisiti prudenziali” e rendere la banca appetibile per qualche volenteroso salvatore.

Innocenzi
 

Nel frattempo, però, i potenziali partner fanno un passo indietro: mai entrate realmente in partita le banche italiane, anche quelle di cui da tempo si vociferava di un possibile interesse, anche i fondi esteri hanno perso l’entusiasmo iniziale.

Dopo aver fatto entrambi una manifestazione di interesse non vincolante nelle scorse settimane e conclusa la due diligence, BlackRock e Varde hanno fatto un passo indietro.

BlackRock guarda continuamente “centinaia di opportunità di investimento” da realizzare per i fondi dei propri clienti, ma “l’idea che BlackRock in modo proprietario stia per comprarsi una banca, una banca private o pezzi di una banca è una cosa che non appartiene al nostro modo di funzionare”, ha spiegato infatti il presidente esecutivo di BlackRock Italia, Andrea Viganò, aggiungendo che “coi soldi di BlackRock non stiamo comprando niente, il resto sono operazioni di mercato”.

Da quanto raccolto poi dal Sole 24 Ore,  anche per il fondo Varde al momento non ci sarebbero le condizioni per presentare un'offerta vincolante per la banca ligure. "Conclusa la due diligence, Varde ritiene che non ci siano i presupposti per presentare un'offerta vincolante per Banca Carige nei tempi previsti", secondo quanto riportato da fonti vicine alla societa' di investimento globale. 

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BlackRock (assistito dall’advisor Mediobanca), secondo alcuni potrebbe comunque presentare un’offerta proprio tramite un suo fondo quanto meno per gli asset “core” (tra cui Banca Cesare Ponti), e anche Varde Partners (consigliato da Lazard) potrebbe presentare un'offerta sia per gli asset “core” sia per 3,5 miliardi di Npl ancora nei bilanci di Banca Carige.

Il fondo, che in Italia gestisce 2 miliardi di patrimonio, ha del resto una partecipazione del 33% in Guber Banca, specializzata proprio nella gestione e recupero di crediti deteriorati e sembra interessato anche al portafoglio di 1,9 miliardi di Npl e Utp per il quale sono già arrivate offerte da Sga e Credito Fondiario e che, sulla base di una valutazione tra il 20% e il 25% del valore nominale, andrà ceduto entro giugno (operazione che sarà poi seguita da un’ulteriore cessione da 300 milioni di Utp nel secondo semestre). Intanto, il mercato continua a interrogarsi sulle mosse dei Malacalza.

Partecipare alla ricapitalizzazione da 630 milioni di euro proposta dai commissari per rimborsare il prestito da 320 milioni contratto con lo schema volontario del Fitd ed effettuare ulteriori svalutazioni su crediti in parallelo alle cessioni programmate significherebbe sborsare altri 175 milioni circa, non farlo comporterebbe una pesante diluzione e un implicito segnale di sfiducia nella capacità di ripresa dell’istituto che suonerebbe come un pericoloso campanello d’allarme.

Se quest’ultimo scenario, cui al momento gli analisti attribuiscono una bassa probabilità, dovesse effettivamente realizzarsi, per Banca Carige l’ipotesi Mps (ricapitalizzazione precauzionale con ingresso del Tesoro tra gli azionisti con un peso determinante) si farebbe concreta. Con essa sarebbe quasi certo il sostanziale azzeramento del residuo valore per gli azionisti esistenti, Malacalza, Gabriele Volpi (9,1%) e Raffaele Mincione (5,4%) in testa.

Per scongiurare questo scenario una soluzione di compromesso, di cui si parla molto nelle sale operative, sarebbe lasciare che il bond tier 2 sottoscritto dallo schema volontario di Fitd venga convertito in capitale, di fatto dimezzando l’ammontare del nuovo aumento di capitale che a quel punto potrebbe essere più facilmente sottoscritto dagli attuali azionisti sia pure al costo di una parziale diluizione (i Malacalza in particolare scivolerebbero tra il 15% e il 10%).

BlackRock sembra fare il tifo per questa soluzione, che limiterebbe l’esborso per rilevare gli asset di suo interesse garantendo il coinvolgimento dell’azionista di riferimento, ma potrebbe essere solo una tattica negoziale in attesa che giunga la scadenza del 15 aprile e i giochi siano fatti. O forse siano nuovamente rinviati a questa estate.