Economia

Confindustria, per scegliere il nuovo presidente pronto il comitato "ombra"

di Marco Scotti

Cresce la preoccupazione perché i candidati emersi finora non scaldano i cuori in Viale dell'Astronomia. Aumenta il rischio di un'associazione ridimensionata

Confindustria, per evitare lo stallo sulla presidenza in arrivo un comitato "ombra"

Felix The Cat
 

Un comitato ombra che individui il prossimo presidente di Confindustria. È questa la clamorosa indiscrezione raccolta da Affaritaliani.it da ambienti che conoscono bene i corridoi di Viale dell’Astronomia. Il problema, infatti, è notevole: dopo la presidenza di Carlo Bonomi, c’è il rischio che l’associazione di categoria – un tempo vero dominus della vita economica del nostro Paese – si veda ridotto a una sorta di circolino asfittico con poco o nessun mordente. Per questo sembra che stiano scaldando i motori industriali, soprattutto lombardi ma non solo, pronti a radunarsi per evitare che Confindustria si spenga. Chi? I nomi non sono noti, ma si potrebbe scommettere su alcuni notabili, nomi importanti dell’imprenditoria come Marco Tronchetti Provera, Emma Marcegaglia, Gianfelice Rocca. 

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Facciamo un passo indietro. Come Affaritaliani.it aveva ampiamente anticipato, i nomi per la corsa al trono di Viale dell’Astronomia erano molteplici. Ma tre erano in vantaggio: Antonio Gozzi, Alberto Marenghi ed Emanuele Orsini. L’attuale presidente di Federacciai è molto apprezzato a livello associazionistico, ma sconta il fatto di appartenere a una categoriale (cioè il raggruppamento che racchiude i produttori di acciaio) e non di una territoriale. E quando si dovesse formalizzare una sua candidatura sarebbe più complesso dover trovare appoggi al di fuori del proprio settore. 

Di Alberto Marenghi si è già detto e scritto molto. Intanto perché è gradito proprio a Carlo Bonomi che l’avrebbe individuato come suo successore. Ma l’uomo di Assolombarda sconta due “vulnus”: il primo è che l’azienda che guida (Cartiera Mantovana Srl) non ha esattamente le dimensioni richieste per un cambio di rotta. E poi perché la moglie è la parlamentare di Fratelli d’Italia Maddalena Morgante, non un buon biglietto da visita per un presidente che con la politica – e il partito di maggioranza a maggior ragione - dovrebbe avere rapporti scevri da eventuali conflitti d’interesse. Tra l’altro, non può contare sull’appoggio di tutta la Lombardia, ma solo di una parte del blocco. Un'altra figura che si sta mettendo in mostra è quella di Emanuele Orsini, che inizialmente sembrava voler sfidare Bonomi per la scorsa elezione prima di ritirare la sua candidatura e accontentarsi della vicepresidenza.

Il tema del “nanismo” di Confindustria però inizia a rappresentare un problema non di poco conto. Oltre ad Assolombarda, che comunque sconta alcune divisioni, le altre territoriali sono troppo piccole per esprimere un candidato degno di questo nome. Il Piemonte, dopo il ridimensionamento di Fiat a mera costola di Stellantis, ha provato a lanciare le candidature di Giovanni Ferrero e di Giuseppe Lavazza. Entrambe più boutade che vere e proprie possibilità. L’Emilia Romagna può ambire al massimo a una vicepresidenza, così come la Toscana. Diverso il caso del Lazio, che avrebbe pure in Maurizio Stirpe un candidato autorevole ma che sconta la sua lazialità e l’ostracismo della Lombardia. Il Veneto rimane ostaggio delle sue divisioni interne e paga l’incapacità di indicare un candidato unico. 

Dunque? Nei mesi scorsi era circolata la voce che Emma Marcegaglia, per “amor patrio” fosse pronta a tornare in Viale dell’Astronomia. Ma lo scenario è (quasi) da fantascienza per diversi motivi: il primo è che la past president di Confindustria è stata anche a capo del board di Eni per otto anni e ora rimane comunque alla guida di un colosso manifatturiero da oltre 8 miliardi di fatturato. Perché dovrebbe impelagarsi in questa battaglia? Ricordiamo che da regolamento la candidatura deve essere inviata dalla persona che aspira alla poltrona al consiglio dei saggi che, solo dopo l’avvenuto raggiungimento di un minimo numero di consensi da parte degli iscritti, dà il via libera alla possibilità di correre. La Marcegaglia, pur avendo ancora un peso notevole in Viale dell’Astronomia, non rischierebbe mai una “topica” come quella di una candidatura che non raggiunge il quorum.

Quando Carlo Bonomi propose di introdurre la possibilità di correre per un secondo mandato, sia la Marcegaglia che Antonio D’Amato, anch’egli past president, si misero di traverso. Davvero oggi l’ex presidente dell’Eni sarebbe disposta a fare marcia indietro? Lo stesso D’Amato avrebbe sondato il terreno più per le voci messe in giro ad hoc di una Marcegaglia pronta a correre per Confindustria che non per reale interesse a tornare in Viale dell’Astronomia. Ma grande è la confusione sotto il cielo confindustriale. Marenghi, indicato da Bonomi come successore, rischia di scontare una sorta di “bacio della morte”. Perché gli unici due past president di Confindustria capaci di scegliere il proprio erede, almeno in tempi recenti, sono stati Gianni Agnelli con Guido Carli ed Emma Marcegaglia con Giorgio Squinzi. 

Di fronte a questi continui impasse, dunque, ecco la “pazza idea” di un comitato elitario incaricato di individuare un presidente all’altezza, un principe su un cavallo bianco che possa mettere sul piatto asset industriali, un pedigree di rilievo. Perché, ribadiamolo, senza un candidato di rilievo Confindustria è destinata all’autoisolamento. Un altro nome che era circolato per la presidenza era quello di Marco Tronchetti Provera. Ma anche in questo caso siamo nell’orbita della fantascienza: davvero qualcuno può immaginare il gran capo di Pirelli che prende carta e penna e formalizza la sua candidatura inviandola ai saggi, rischiando magari di venire escluso in favore di un imprenditore di piccolo cabotaggio ma senza “antipatie” all’interno di Confindustria? Impossibile appunto. Certo, però, che se il comitato dovesse “puntare” qualche nome storico, allora la fantascienza si avvicinerebbe un po’ di più alla realtà. E non solo nel caso di Tronchetti Provera.