Economia

Confindustria: Regina si candida ufficialmente, ma Rocca non lo voterà mai

di Andrea Deugeni
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Una bordata che non avrà certo fatto piacere allo stesso Giorgio Squinzi. Non fosse altro perché sta tentando di intercettare alcuni mal di pancia della base di Confindustria, mettendoli quindi in evidenza, per coagulare intorno a se' dei consensi per fare il candidato di UniLazio nella corsa alla presidenza di Viale dell'Astronomia, ormai ai nastri di partenza (a maggio si sceglierà ufficialmente il successore di Mr Mapei).

Con un'intervista al Foglio, Aurelio Regina, presidente del Sigaro Toscano ed ex presidente di Unindustria, ha rotto gli indugi e ha lanciato la sua nomination per il vertice dell'associazione degli imprenditori. "Credo sia arrivato il momento di dare una decisiva accelerata al cambiamento di Confindustria", ha sentenziato l'ex vice di Squinzi con delega allo sviluppo economico fino al maggio 2014. E ha spiega per la prima volta in modo ufficiale quali dovranno essere, a suo avviso, gli ingredienti necessari e principali per preparare, nel 2016, la corsa al dopo Squinzi. "La parola chiave per il futuro di Confindustria - ha detto Regina - non può essere soltanto un generico richiamo alla discontinuità ma deve essere la presa d'atto che una fase è finita e che la nostra associazione deve fare i conti con un periodo storico in cui non si può continuare a ignorare che la stagione della grande concertazione, con tutte le sue meccaniche, i suoi tic, i suoi paradossi, semplicemente non esiste più. Da qui dobbiamo ricominciare".

Il ragionamento di Regina, e la sua idea di "discontinuità" per la prossima Confindustria, parte da una doppia constatazione legata alla situazione attuale del tessuto economico del nostro Paese e al modo in cui sono cambiati, "anche grazie a Renzi", i rapporti tra il governo e i corpi intermedi. "Dobbiamo riconoscere - ha spiegato ancora - che siamo entrati in una fase storica in cui esistono indicatori positivi sul futuro. Il presidente del Consiglio ha avuto il merito di scommettere su alcune riforme importanti, in primis quella del lavoro, e ha avuto anche il merito di innescare una rivoluzione culturale in Italia. Grazie a questa rivoluzione a fianco alla parola 'diritti' oggi troviamo anche la parola 'doveri' e a fianco alla parola 'egualitario' oggi troviamo anche la parola 'merito'. Non sono cose da sottovalutare, e io non lo faccio, ma dobbiamo anche tenere gli occhi bene aperti per capire che una ripresa debole è sempre una ripresa debole e che toccherà andare ancora più veloci nei prossimi mesi per recuperare i dieci punti di pil persi negli ultimi sette anni".

Secondo l'ex vice di Squinzi dunque "è importante far capire al governo quale deve essere il ruolo di un'associazione come Confindustria. La critica fine a se stessa non basta più. E per avere un peso nel futuro è importante che Confindustria funga da pungolo per il governo su un punto in particolare: evitare che le grandi droghe del nostro paese ci facciano dimenticare quali sono le urgenze dell'Italia. Le droghe oggi sono due, entrambe benvenute, e sono legate all'export e al Qe di Mario Draghi. Sono queste le due molle che permetteranno nei prossimi mesi all'Italia di crescere, ma non possiamo accontentarci di farci guidare da fattori esterni: dobbiamo cominciare a entrare con più forza in quella che è la carne viva del nostro paese. Quando dico che export, innovazione ed effetto Draghi non bastano a far ripartire il Paese mi riferisco però a una questione semplice. L'esito strutturale più evidente della crisi è stata una netta spinta del sistema economico su un sentiero che mi piace definire di 'mercantilizzazione povera', con consumi pubblici e privati depressi, investimenti e importazioni modesti ed esportazioni che svolgono un ruolo trainante non tanto per l'aumento del loro volume quanto per la compressione degli altri fattori. E se dovessi dunque scegliere una parola chiave per descrivere quello che dovrà essere Confindustria nel futuro non farei fatica a dire che quella parola è la produttività".

Regina ha sostenuto che "l'associazione è più debole rispetto a 4 anni fa". E per costruire qualcosa, ha detto il presidente del Sigaro Toscano, bisogna partire da un fattore preciso: come produrre di più e come far guadagnare di più alle persone che producono di più. "Anche a costo di strappare con la Cgil, dobbiamo puntare senza indugi sulla contrattazione aziendale, potenziandola rispetto a quella nazionale. Da lì bisogna ripartire. Bisogna però riconoscere - ha continuato Regina - che il mondo su cui ha fatto perno per decenni Confindustria è un mondo che non esiste più e dobbiamo prendere atto del fatto che viviamo in un'epoca in cui i corpi intermedi hanno la necessità assoluta di superare le organizzazioni tradizionali e ricercare un rapporto diretto con la base, siano questi elettori, consumatori e imprenditori. La Confindustria dovrà essere più partecipata, la base dovrà essere più ascoltata e il presidente e la sua squadra dovranno sempre essere in ascolto con le esigenze e le richieste degli associati. Suvvia, siamo sinceri con noi stessi: per riuscire a raggiungere questo obiettivo occorre una discontinuità forte con il passato e per la stessa Confindustria non è più accettabile essere percepita, come è oggi, come se fosse solo e unicamente una forza anti-sistema".

Questo dunque il manifesto di Regina per il dopo-Squinzi. Ma quali saranno gli esiti della sua autocandidatura (contro il galateo confindustriale)? Difficile per Regina arrivare fino in fondo anche perché, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, il grande elettore di Confindustria e cioè Gianfelice Rocca, il presidente di Assolombarda, la più blasonata delle territoriali dei sistema di Viale dell'Astronomia, ha fatto sapere ai suoi più vicini collaboratori che non "lo voterà mai". Dura quindi con i soli 7 voti di Unilazio spuntarla sui 178 complessivi all'interno del Consiglio Generale. Ecco che la strategia dell'ex vicepresidente è quella di cavalcare la vicenda Dolcetta (il vicepresidente di Squinzi con la delega alle relazioni industriali che ha manifestato alcune perplessità sulla gestione di Mr Mapei) e i grandi malumori all'interno di Confindustria (soprattutto di Federmeccanica) sulla stagione dei rinnovi contrattuali appena iniziata.

A inizio estate c'era stato un position paper generale dell'associazione dell'Aquilotto sulla fase che si sarebbe aperta in autunno, dove si faceva riferimento anche ai temi del contratto aziendale e degli aumenti salariali legati esclusivamente alla produttività (parola guarda caso stressata anche da Regina nella sua chiacchierata con il Foglio). Argomenti su cui non c'è ancora una posizione unanime (per differenze strutturali di settore sul ruolo del lavoro) all'interno della Confindustria e che non sono stati declinati nel pentalogo (linee guida) che Squinzi ha distribuito nei giorni scorsi alle categorie impegnate nella prossima tornata di rinnovi contrattuali. Con il risultato che le varie associazioni (vedi Federchimica e presto Federalimentare) vanno ognuna per conto suo, facendo emergere gli interessi contrapposti ed evidenziando il problema di sistema (difficoltà nell'avere una gestione unitaria nei rinnovi). Una matassa difficile da sbrogliare per Squinzi che non può contraddire troppo ex post un contratto come quello di Federchimica già bello che siglato.