Economia
"Trump e lo stop ai dazi? Una mossa preparata a tavolino: il tycoon ha messo in stand-by le tariffe per poi colpire di nuovo"
Trump frena sui dazi: tregua da 90 giorni (tranne che per Pechino) e mercati in festa. Ma cosa c’è davvero dietro la marcia indietro del tycoon? L'intervista all'avvocato Paolo Menarin, esperto di diritto internazionale

Donald Trump
Trump congela i dazi per 90 giorni: "Una strategia calcolata già da tempo"
Colpo di scena a stelle e strisce. Trump ha deciso di sospendere i dazi per 90 giorni. Una pausa tattica che però esclude la Cina. Eppure, tanto è bastato per far scattare l’euforia a Wall Street e sui mercati mondiali. E persino Goldman Sachs, che fino a ieri vedeva nero, ora smette di parlare di recessione. Ma occhio a non farsi incantare dalle luci del Nasdaq. La strada è ancora lunga e tutt’altro che in discesa. È vero, per ora si allontana lo spettro peggiore, una guerra commerciale su larga scala, ma il dubbio resta: perché Trump ha fatto marcia indietro? Cosa l’ha fatto desistere?
C’è chi punta il dito a Scott Bessent, il segretario del Tesoro. È stato lui a far ragionare il tycoon? Forse. Ma secondo diversi analisti, il passo indietro è il risultato di una pressione diventata ingestibile e non tanto per lo scivolone di Wall Street, quanto per il segnale arrivato dal mercato dei Treasury: i titoli di Stato Usa. Insomma, più che una scelta spontanea, quella di Trump è una resa strategica. Affaritaliani.it ha provato a vederci chiaro, interpellando Paolo Menarin, avvocato esperto di diritto internazionale dello studio Casa & Associati.
Trump ha sospeso i dazi per 90 giorni su tutti tranne che sulla Cina. Come possiamo leggere questa mossa del tycoon?
Non credo si tratti di una vera e propria marcia indietro, come leggo in alcune analisi. Anzi, almeno per quanto riguarda l’Unione Europea, questa mossa era piuttosto preparata. L’obiettivo reale è la Cina, su questo ho pochi dubbi. Ma al tempo stesso, Trump ha agito come fanno gli eserciti quando vogliono intimorire il nemico: organizzano grandi esercitazioni per mostrare la loro potenza di fuoco.
Trump ha fatto lo stesso: ha annunciato i dazi e li ha sospesi nel giro di un giorno o poco più. È un chiaro messaggio, una minaccia che vuole dire: "Io sono in grado di colpire. Trattiamo, abbiamo 90 giorni di tempo. Ma sappiate che, se voglio, questi dazi possono diventare realtà". Che sia un bluff o meno non lo sappiamo. Ma una cosa è certa: non li ha cancellati, li ha solo messi in stand-by.
È stato davvero Scott Bessent, segretario del Tesoro, a far desistere Trump? O sono stati i segnali d’allarme dal mercato dei Treasury?
Non credo che la decisione sia arrivata per i potenziali problemi legati ai Treasury, anche se le nuove aste del Tesoro americano e il rischio di compromettere lo status dei bond americani hanno effettivamente generato diversi timori. Né penso che sia stato Bessent – la “colomba” dell’amministrazione Usa dal punto di vista economico – a fermarlo. A mio avviso, si è trattato di una mossa dura e strategica in chiave anticinese, ma non solo.
Ricordiamoci che Trump, come ogni politico, parla innanzitutto al proprio elettorato: quello dell’America profonda, che negli anni ha visto erodersi la propria ricchezza e il benessere legati al manifatturiero, un settore che negli Stati Uniti di oggi è quasi scomparso rispetto a trent’anni fa. Trump vuole rimettere in piedi quel comparto, perché lo considera essenziale per offrire sicurezza economica ai suoi elettori. E se guardiamo all’Unione Europea, i numeri parlano chiaro: importiamo dagli Usa per 333 miliardi, ma esportiamo verso gli Usa per 531 miliardi. Una bilancia commerciale fortemente sbilanciata che Trump vuole riequilibrare, riportando la produzione in patria.
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Questo cambio di rotta segna un nuovo corso o è solo l’ennesimo passo indietro?
Più che un passo indietro, parlerei di un passo di lato. Una manovra strategica, e con tutta probabilità, anche ben pianificata.
Ma allora perché salvare proprio l’Europa, che era pronta a reagire con contromisure? Si è trattato di una mossa per dividere il fronte anti-Usa?
Ho l’impressione che gli americani non considerino l’Unione Europea un soggetto politico capace di agire in modo unitario. E, probabilmente, hanno ragione. Credo che contino molto sulle divisioni interne e sulla divergenza di interessi economici profondi: da un lato ci sono Paesi manifatturieri come Italia, Germania e in parte la Spagna; dall’altro, Stati con priorità molto diverse – la Francia, per esempio. Trump gioca su queste fratture.
Non pensa che l’Ue possa spostarsi in blocco verso la Cina. E, a mio avviso, questa visione non è solo sua, ma abbastanza condivisa negli ambienti americani: non vedono nell’Ue un interlocutore politico realmente coeso. Che poi ci possa essere uno spostamento verso la Cina da parte di singoli Paesi è possibile, anche naturale, soprattutto con dazi così pesanti in campo. Ma che lo si faccia “mano nella mano” in Europa, francamente, non ci credo.
Sarà sempre un botta e risposta a colpi di dazi o ci sarà una contromossa più strutturata dalla parte cinese?
Qui stiamo parlando di una partita che ha già superato l’economia ed è entrata a pieno titolo nel terreno geopolitico. I numeri in gioco, tra dazi americani e ritorsioni cinesi, sono talmente impressionanti che il rischio concreto è uno slittamento del conflitto su altri piani — e non voglio nemmeno immaginare quali. Certo, l’auspicio è che si trovi un accordo, ma sono piuttosto scettico che possa avvenire in tempi brevi, proprio per la posta in gioco. L’obiettivo è chiaramente la Cina. L’Europa, per Trump, è frammentata e poco pericolosa. Il vero colpo, semmai, sarebbe staccare la Russia dall’orbita cinese.
Il rally dopo la sospensione dei dazi è stato immediato. Ma quanto è reale, e quanto solo un fuoco di paglia?
Un rimbalzo ci sarebbe stato comunque. È normale: quando si esce da una fase di calo violento, ecco che basta una notizia positiva per far partire un rally. Ma attenzione: non è solo questione economica. È una guerra commerciale che ha assunto toni da conflitto politico. È chiaro che i mercati, almeno per un attimo, si siano rasserenati, ma gli operatori più accorti sanno bene che i dazi non sono stati ritirati, solo sospesi. E finché questa sospensione non si tradurrà in una svolta chiara e stabile, il mercato resterà appeso.