Economia
Embraco, Calenda all'attacco. Whirlpool, giochino sleale degli americani
Per Calenda l'Est Europa usa fondi Ue per fare dumping e le multinazionali sfruttano appieno la concorrenza fiscale. Ai danni dei lavoratori. Il caso Embraco
Il riferimento è all’ipotesi di varare piani di reindustrializzazione che, nel caso dello stabilimento Whirlpool-Embraco di Riva di Chieri, potrebbero coinvolgere progressivamente altre aziende in grado di riassorbire quanti più possibili dipendenti. Progetto che però al momento resta lettera morta, bloccando anche ogni possibilità di concessione di cassa integrazione straordinaria. Ma perché le multinazionali fuggono dall’Italia? Almeno per tre fattori che giocano a favore dei loro azionisti: salari più bassi, fisco meno opprimente e maggiore produttività, un mix in grado di pompare i margini di profitto.
Secondo dati Eurostat, a fine 2016 a fronte di un costo del lavoro pari in media a 29,80 euro l’ora in Eurolandia, in Italia lo stesso non superava i 27,50 euro, come dire che i lavoratori italiani non sono certo i più pagati d’Europa, ma in Slovacchia si registrava un costo inferiore alla metà, ossia 10,2 euro, e in Polonia pari a un terzo, appena 8,4 euro. Quanto al peso del fisco sulle imprese, sempre a fine 2016 secondo Kpmg in tutta la Ue- 28 il tax rate medio era pari al 22,1%, in Italia si era ben al di sopra della media, ossia al 31,4%, mentre in Slovacchia non si andava oltre il 22% e in Polonia si era al 19%, vale a dire tassazioni a livello di “paradisi fiscali” (che l’Italia non può permettersi a causa della su spesa pubblica e del debito pregresso).
Terzo e forse decisivo a sfavore dell’Italia, è infine la produttività. Come ricordato pochi mesi fa dall’Istat, in Italia nel decennio 1995-2015 la crescita media annua della produttività del lavoro (+0,3%) è risultata “decisamente inferiore alla media Ue (1,6%)”: in questo caso l’Italia, a causa di minori investimenti in macchinari, attrezzature e formazione del personale, esce perdente anche dal confronto con paesi occidentali come la Germania (che ha registrato un incremento medio annuo dell’1,5%), la Francia (+1,4%) il Regno Unito (+1,5%) e persino la Spagna (+0,5%), che pure ha perso terreno ma meno del nostro Paese.
Insomma: Calenda deve assolutamente cercare di difendere gli interessi italiani in sede comunitaria e pretendere che le multinazionali tengano fede ai propri impegni e assunzioni di responsabilità, specie quando questi sono stati fissati in cambio di incentivi e agevolazioni. Oltre che di cassa integrazione. Nel caso degli americani di Whirlpool che in Italia hanno già chiuso nel 2013 uno stabilimento (500 metalmeccanici a casa più 150 nell'indotto), il primo gruppo mondiale degli elettrodomestici ha potuto contare sugli ammortizzatori sociali per i siti produttivi ex indesit di Caserta, Napoli e Ascoli (su sei poli complessivi sul territorio nazionale).
Ma se il peso del fisco non diminuirà e la produttività non aumenterà, la battaglia di Calenda rischia di essere persa in partenza, o quanto meno di risultare l’ennesima battaglia di retroguardia alla quale il sistema economico italiano sembra condannato da decenni.