Economia

Energia e mangimi, il caro bollette mette in ginocchio gli allevatori

I prezzi dei mangimi sono schizzati “ai massimi del decennio”, e i listini dell’energia che hanno superato il 300% in un anno: l'analisi di Ismea

Caro energia, l'economia delle stalle messa a dura prova

Allarme dagli allevatori per un'altra stagione critica sul fronte delle redditività. È quanto emerge dall’analisi di Ismea che fa il conto del salasso. La prima causa è il prezzo dei mangimi, schizzati “ai massimi del decennio”, e poi i listini dell’energia che hanno superato il 300% in un anno. Anche il prezzo del latte “si posizioni su livelli storicamente molto elevati”. Mentre all’orizzonte si profila, con molta apprensione, “una contrazione degli acquisti delle famiglie, zavorrati da un’inflazione che non si vedeva da quasi 40 anni”.

L’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) rileva dal Piano strategico della Pac 2023-2027 (politica agricola comune) come proprio “la zootecnia da latte è fortemente influenzata dai cambiamenti degli indirizzi della Politica agricola comune che, nel tempo, ha sempre goduto “di un importante sostegno pubblico, con titoli all’aiuto più elevati della media nazionale”.

Infatti, la “nuova Pac” introduce una serie di cambiamenti per le aziende agricole del latte. Come sostiene il professor Angelo Frascarelli, Presidente Ismea, “fino al 2022 gli allevatori di bovini da latte beneficiavano di tre tipologie di pagamenti diretti: pagamento di base, greening e accoppiato” ma dal prossimol “1° gennaio 2023, l’allevatore potrà usufruire di quattro tipologie di pagamenti diretti” e “se il nuovo pagamento di base porterà a una diminuzione del livello di sostegno e il pagamento greening sarà soppresso, l’allevatore potrà allora beneficiare dell’Ecoschema 1, che orienta l’allevamento verso un minor uso di antibiotici”.

Tuttavia, negli allevamenti oggi pesano non solo i rincari energetici (+275% l’energia elettrica in Italia, +286% il gas naturale in Europa nei primi nove mesi del 2022), ma soprattutto il capitolo dell’alimentazione del bestiame, che rappresenta oltre la metà dei costi totali di produzione e ha subito forti tensioni al rialzo, esacerbate anche dalla ridotta disponibilità delle materie prime dopo una stagione molto siccitosa.

Secondo le elaborazioni dell’Ismea, “il mais nazionale ha raggiunto a settembre i 363 euro a tonnellata, registrando un incremento del 41% su base annua, la farina di soia si è stabilizzata sui 583 euro/t (+29%), e il fieno di erba medica ha toccato sempre a settembre il valore di 361/t (+57%), determinando molto spesso la necessità di rivedere la razione alimentare.”

Il risultato più evidente è che l’effetto congiunto tra queste scelte e la perdurante calura estiva è stata “una battuta d’arresto della produzione di latte nazionale nei primi sette mesi del 2022, dopo il +3,3% registrato nel 2021 e il +4,5% del 2020, pur con qualche differenza evidente a livello territoriale”.