Economia
Eni, Descalzi va da Fraccaro a Chigi. L'ad vuole blindare la sua riconferma
Si va verso il via libera per il terzo mandato del manager
Descalzi va da Fraccaro a Chigi. L'ad Eni vuole blindare la sua riconferma
L'ad di Eni, Claudio Descalzi ha fatto visita a Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio a Palazzo Chigi per blindare la sua riconferma al vertice dell'azienda, sarebbe il terzo mandato.
Braccia lunghe sulle gambe, in elegante abito scuro, seduto lì dove si avvicendano potenti boiardi e aspiranti tali, la settimana scorsa Claudio Descalzi s’è sorbito qualche minuto di anticamera prima di entrare nell’ufficio a Palazzo Chigi di Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, politico Cinque Stelle assai attivo sulle nomine nelle aziende a controllo statale. Dimaiano di strettissima osservanza, Fraccaro ha accolto l’amministratore delegato di Eni in cerca del terzo mandato dopo un lavoro preparatorio di abili mediatori. Un piccolo passo per Fraccaro, un grande passo per Descalzi.
Non era semplice combinare un incontro, - scrive Il Fatto Quotidiano - a pochi giorni dalla tornata di nomine, tra un manager con svariati contrattempi giudiziari – imputato nel processo per le tangenti in Nigeria e in conflitto di interessi per gli affari della moglie – e un esponente di un partito che ha sempre professato trasparenza per gli incarichi pubblici. Quando toccò a Renzi distribuire centinaia di posti in società di Stato, Fraccaro fu il più severo con il premier appena insediato: “Ha fretta per l’infornata di poltrone”, così disse. A differenza del sottosegretario, però, Renzi sfuggì alla corte di Paolo Scaroni, che si precipitò in elicottero da Londra pur di braccare l’allora temuto rottamatore durante una puntata di Porta a Porta. Scaroni fu sacrificato perché Renzi aveva già un accordo per la successione. Durante il governo renziano, Descalzi fu spesso criticato dai Cinque Stelle, che ne hanno chiesto le dimissioni più volte. Con un’astuta operazione simpatia, pur non avendo risolto nessuno dei suoi guai, anzi vedendoli aumentare, Descalzi s’è trasformato da boiardo da evitare a “manager molto capace”. Le fonti ufficiali di Fraccaro e Descalzi confermano il faccia a faccia a Chigi e parlano, all’unisono, di “colloqui rituali e istituzionali per aggiornamenti sull’attività dell'azienda"”. Quel che resta, oltre le spiegazioni formali, è il simbolo di un rapporto profondo che Descalzi è riuscito a stringere con i Cinque Stelle, un rapporto che gli garantisce maggiore serenità e una completa insonorizzazione – neanche una voce contraria o almeno dubbiosa si è levata dal governo – verso un altro triennio ai vertici di Eni.
Superato a pieni voti l’esame con Fraccaro, i Cinque Stelle si sono sentiti sollevati e nei giorni scorsi – come dimostra la previsione ben informata dell’agenzia Reuters – si sono spinti a ribadire la fiducia a Descalzi. Hanno diffuso all’estero il messaggio che si attendevano americani, emiratini, egiziani e soprattutto russi, i governi che hanno protetto la corsa dell’ad di Eni e suggellato le convinzioni maturate da tempo dal Quirinale e dall’intero Pd. Ormai il patto nella maggioranza su Descalzi è pronto e saggezza suggerisce di fare presto, di avere quella fretta che Fraccaro attribuì a Renzi. E l’ex premier, per l’appunto, infuriato per l’esclusione dalle trattative per le Autorità per la Privacy e per le Comunicazioni, si aspetta un segnale. Allora il governo sta tentando di chiudere “l’inf orn ata ” – sempre per citare Fraccaro – agganciandola alle scadenze per l’assemblea di banca Mps e dunque entro il secondo venerdì di marzo.
Per aumentare il volume delle poltrone, si ipotizza anche il rinnovo dell’Autorità anti-corruzione, che può arrivare fino a luglio, ma che ha un presidente facente funzioni dopo l’uscita a ottobre di Raffaele Cantone. Postilla. Come metodo, per non dire manuale (che ricorda antichi costumi), pentastellati e democratici hanno deciso di inserire un proprio consigliere in ciascun cda. Siccome i Cinque Stelle accettano il rinnovo di quasi tutti gli amministratori delegati, pretendono più spazio per i presidenti. L’addio certo di Emma Marcegaglia all’Eni offre una prospettiva interessante. Arriva il momento di spartire. Per questo motivo nel governo non si dà troppo credito alle bizze di Renzi: perché dovrebbe alzarsi dal tavolo mentre si servono le portate migliori?