Economia

Esclusivo/Tim, ecco come sarà la governance della NetCo con Kkr e Mef

Con l'imminente arrivo di Bollorè in Italia dovrebbero cadere anche gli ultimi ostacoli. Ma si pensa già al futuro e a quali saranno gli assetti societari

Tim, ecco come sarà la governance della netco

Felix The Cat
 

La proroga chiesta da Kkr per analizzare ulteriormente il dossier della rete di Tim non ha preoccupato nessuno. Fonti ai massimi livelli interpellate da Affaritaliani.it fanno sapere che gli americani sono tranquilli. Di più: pare che il proverbiale motto “it ain’t over until it’s over” (non è finita finché non è finita) sia stato accantonato per far posto a qualche sorriso in più. La sensazione è che, a meno di incredibili colpi di scena, la trattativa andrà in porto. Tanto che sembra prendere corpo anche la governance della NetCo. Il nodo più complicato da sciogliere rimane quello di Vivendi: i francesi hanno sempre ribadito che la valutazione corretta della rete è intorno ai 31 miliardi, ma la sensazione è che, con l’annuncio dell’imminente arrivo di Vincent Bollorè per parlare con il governo anche su questo aspetto si possa trovare la proverbiale quadra. Insomma, non è fatta ma la firma del MoU ad agosto ha decisamente impresso un’accelerata forse decisiva alla trattativa. 

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D’altronde, Vivendi ha speso per rilevare 3,64 miliardi di azioni di Tim circa 3,9 miliardi di euro. Oggi questa partecipazione – a valori di mercato – arriva a 1,12 miliardi, tanto che i francesi hanno dovuto nuovamente svalutare la loro quota. Proprio quest’operazione, a marzo, ha fatto chiudere in rosso i conti della holding del finanziere bretone che, altrimenti, avrebbe avuto un utile di 677 milioni. I francesi avevano acquistato le azioni a un valore medio di 1,07 euro, carico poi fatto scendere prima a 0,85, poi a 0,65. Ora è a “fair value”, cioè a valori di mercato. Per questo i francesi vogliono capire che cosa succederà nei prossimi mesi.

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Anche perché c’è da considerare il fatto che, una volta venduti i servizi di rete, la “vecchia” Telecom rimarrà una società di servizi che potrà sì abbattere il debito grazie all’immissione di denaro fresco, ma che avrà anche un perimetro assai limitato, oltretutto con la presenza di un socio “pesante” come Cassa Depositi e Prestiti. Da qui le perplessità – più che comprensibili – di Vivendi che vuole comprendere come evitare che una partecipazione strategica si possa tramutare in un buco nero più di quanto già non sia stato in questi quasi dieci anni di presenza in Italia. Da quello che si apprende, la ServiceCo potrebbe avere un debito iniziale intorno ai 5 miliardi, che verrebbe poi abbattuto con la liquidità in entrata portando il rapporto con l’Ebitda a circa 2x. Una cifra tutto sommato sostenibile. C’è ancora da risolvere il tema occupazionale, visto che Vivendi vorrebbe un’azienda con non più di 8mila dipendenti, mentre dalle ultime stime pare che nella ServiceCo potrebbero arrivare fino a 17mila persone

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Una volta archiviate le perplessità dei francesi, inizia a prendere corpo la struttura che avrà la nuova società della rete. Al momento appaiono chiare due cose: la prima è che il Mef investirà una cifra intorno ai 2,5 miliardi che dovrebbe corrispondere a una quota intorno al 20%. Per questo non si vuole ritoccare al rialzo l’offerta da far arrivare al board di Tim: il Tesoro ha bisogno di tenere una partecipazione rilevante in modo da poter avere voce in capitolo per quanto riguarda la governance

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E qui c’è l’altro tema di rilievo: come sarà il board della NetCo che nascerà dalla cessione della rete Tim? A quanto risulta ad Affaritaliani.it Kkr dovrebbe detenere una quota tra il 70 e l’80% della nuova società, con il Mef al 20 e la possibilità di inserire F2i con il 10. A fronte di questa struttura, appare evidente che il Tesoro non potrà dettare legge come sperava ma che verrà concesso al massimo la nomina del presidente. D’altronde, fanno sapere fonti vicine al dossier, se Exor in Philips, a fronte di un investimento per il 20% del capitale, ha avuto diritto a esprimere un consigliere, perché il Mef dovrebbe avere la possibilità di prendersi il controllo investendo così “poco”?

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L’amministratore delegato sarà invece indicato da Kkr che, d’altronde, ha tutta l’intenzione a fare un’operazione con tempi abbastanza rapidi. Cablare l’Italia, sostituire il rame con la fibra, creare una società solida con asset definiti. Una volta realizzato questo, con un orizzonte di (almeno) cinque anni, potrebbe prevedere di uscire generando una plusvalenza. E a quel punto il Mef si troverebbe a detenere una quota di rilievo e, probabilmente, di controllo. Le intenzioni ci sono tutte, non resta che far quadrare gli ultimi dettagli. 

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