Economia
Fca Italy, 15 miliardi di debito. La chiusura? Spetterà poi ai francesi
E se il prestito garantito dallo Stato di 6,3 miliardi a Fca Italy finisse come i prestiti ponte per Alitalia? Un'iperbole? Forse, ma ecco gli indizi
Nel pieno del polverone suscitato dalla decisione di Fca di ricorrere al decreto liquidità per un prestito garantito dalla Sace (lo Stato cioè i contribuenti) di 6,3 miliardi di euro per la sua consociata Fca Italy, nessuno si è posto in questi giorni una domanda chiave.
Quei soldi una volta ottenuti saranno alla fine del triennio anche restituiti? O si rischia di fare la fine deli innumerevoli prestiti-ponte pubblici fatti, solo per fare un esempio ad Alitalia, e mai rimborsati? Può sembrare una provocazione, ma molti indizi portano lì.
Fiat Chrysler, il colosso anglo-olandese con 110 miliardi di ricavi globali paragonato ad Alitalia? Un’iperbole? Forse, ma proviamo a spiegare il perché. Fca, grazie all’abilità finanziaria di Sergio Marchionne, si è trasformata da Cenerentola appassita dell’auto a colosso globale, che riesce a produrre a livello mondiale margini del 6% sul fatturato, ma da sempre la conglomerata posseduta al 29% da Exor, si trascina la zavorra proprio di Fca Italy, che è la vecchia Fiat Auto e di fatto copre il mercato europeo (non solo italiano) della holding.
FCA ITALY GIA’ OGGI DA SOLA SAREBBE INSOLVENTE
Le condizioni di Fca Italy sono la zona d’ombra dell’impero degli Agnelli. Da decenni Fca Italy produce sempre meno auto e sempre in perdita. Solo dal 2015 al 2018 (ultimo bilancio disponibile) ha cumulato un rosso complessivo di 4,6 miliardi. Di fatto, i costi superano immancabilmente i ricavi pur cresciuti del 20% negli ultimi 4 anni. Si vende a prezzi più alti, ma anche i costi salgono a dismisura. Di fatto se non avesse alla spalle la “mamma” internazionalizzata (che prospera in Usa da dove arrivano i profitti utili a compensare il buco di Fca Italy) la vecchia Fiat Auto sarebbe da tempo in liquidazione.
I FORNITORI HANNO CREDITI PER OLTRE 4 MILIARDI
Non produce cassa, anzi la brucia, non ha margini operativi per ripagare i debiti. In assenza di margini già oggi deve far fronte a debiti complessivi per oltre 9 miliardi, di cui oltre 4 miliardi di esposizione infragruppo e, però, altri 4,4 miliardi di debiti con i fornitori, proprio quelli che Fca con la richiesta del prestito garantito vorrebbe ripagare. Con il prestito garantito all’80% a tassi irrisori Fca Italy ottiene liquidità a costi infimi con un risparmio annuo di almeno 120 milioni l’anno di soli interessi, rispetto a finanaziarsi sul mercato.
Se domani Fca Italy avesse via libera sul nuovo credito, ecco che il debito schizzerebbe a oltre 15 miliardi. Una bella zavorra a fronte di attività che non producono reddito. Era già in condizioni di scarsa solvibilità, figuriamoci con un debito aggiuntivo di altri 6 miliardi.
Già dicono i fautori del prestito, quei miliardi servono proprio a pagare i fornitori, a tenere in vita la filiera dell’indotto. Per ora sono solo dichiarazioni. Già in passato, Fca Italy, come mostrano i 4,4 miliardi di debiti con i fornitori non pare fosse particolarmente attenta alla sua filiera produttiva. Di fatto la società è finanziata per metà dai fornitori e per l’altra metà dalle società Fca collegate e dalle controllanti. Che poi per tenere in vita l’agonizzante vecchia Fiat, la capogruppo anglo-olandese è costretta ogni due per tre a ricapitalizzare pena l’azzeramento del capitale per perdite.
FCA ITALY NON E’ SOLO ITALIA
Poi si dice che Fca Italy è italiana, che i soldi andranno sugli impianti italiani e a salvaguardare fabbriche e lavoratori in Italia. Peccato che la ragione sociale è Fca Italy e la sede a Torino, ma le attività sono molteplici e in una miriade di Paesi in giro per l’Europa e il mondo. Solo le partecipate estere di Fca Italy sono una quarantina e si va dalla Germania, alla Danimarca, a mezza Ue per treasmigrare in Polonia, Marocco, Norvegia, Serbia e via dicendo. Mirafiori, Melfi sono solo una piccola quota dell’universo di Fca Italy.
E i guai peggiori quanto a risultati arrivano da paesi come l’Ungheria, la Serbia, persino sulla consociata indiana. Chi l’ha detto che i 6 e oltre miliardi saranno destinati solo all’Italia? Quindi un’iniezione di denaro ingente a un business che storicamente non è in grado di produrre reddito e anzi zavorra l’intero impero di Elkann.
LA LIQUIDITA’ DA 18 MILIARDI ELKANN LA TIENE STRETTA IN OLANDA
I critici fanno notare che il gruppo è pieno di liquidità nella capogruppo olandese. Vero, Fca Nv dichiara liquidità per la bellezza di oltre 18 miliardi di euro. Essendo Fca Italy controllata al 100% da Fca Nv, basterebbe far scendere di un gradino un po’ di cassa liquida senza chieder alcun prestito allo Stato che tanto ha fatto infuriare molti osservatori.
Ma c’è un ma. Fca ha tanta liquidità, ma anche ben 14 miliardi di debiti solo finanziari, di cui 4,8 miliardi da rimborsare entro quest’anno. La liquidità sta lì per fronteggiare l’alto debito. Non solo il primo trimestre e il Covid faranno andare in forte perdita il gruppo e quindi meglio stringere i cordoni della borsa e tenere i soldi il più vicino possibile ai piani alti della galassia Elkann. Si è rinunciato al dividendo da 1 miliardo di Fca verso Exor ma si tiene ben aperta la porta a quello straordinario da oltre 5 miliardi post fusione con Psa. A quelli non si vuole rinunciare.
IL NUOVO GRUPPO SARà A GUIDA FRANCESE. FCA ITALY SARA’ LA PRIMA A ESSERE SCARICATA
Dulcis in fundo, c’è l’enigma Peugeot a cambiare il quadro. Saranno i francesi che grazie al maxi-dividendo a Exor saranno i nuovi dominus del gruppo. Comanderà Parigi, che tra l’altro ha quote di capitale in Peugeot. Lì c’è lo Stato francese, qui una multinazionale cosmopolita senza patria, dato che dall’Italia e dalla vecchia Europa arrivano solo cattive notizie. Finora si è fatto finta di niente. Non si potevano chiudere le attività in perdita perenne nel Paese di origine di Fiat.
(Segue...)