Economia

Fca-Renault, Agnelli pronti a comandare nel lungo periodo. Ecco perché

Luca Spoldi

La governance paritetica serve a far digerire a governo e opinione pubblica francese il passaggio: sarà Exor a prendere nel lungo periodo il controllo

Una fusione “fifty-fifty”, tanto che per arrivare ad una valutazione allineata agli azionisti di Fiat Chrysler Automobiles (che venerdì sera in borsa capitalizzava 17,75 miliardi di euro contro i 14,8 miliardi di Renault) verrebbe distribuito prima dell’integrazione un dividendo straordinario di 2,5 miliardi oltre a titoli Comau (ovvero ad un ulteriore dividendo di 250 milioni di euro se non si pervenisse al previsto scorporo) destinata a creare un gruppo industriale da 170 miliardi l’anno di ricavi, un utile operativo di 10 miliardi e un utile netto di oltre 8 miliardi.

Non è bellissimo tutto ciò? Per gli azionisti italiani sicuramente, visto che 110 di questi miliardi sono già oggi realizzati da Fca (contro 57 miliardi realizzati da Renault). Il problema è far digerire l’operazione al governo francese (azionista al 15% di Renault, come ha ricordato il leghista Claudio Borghi, presidente della Commissione Bilancio della Camera), che pure si è subito detto “favorevole” alla fusione che anzi “incoraggia”, anche se attende di conoscerne tutti i dettagli.

I dettagli noti, per quanto riguarda la governance, sono ritagliati apposta per piacere a Parigi, che ancora non ha digerito il “tentato scippo” dei Chantiers de l’Atlantique di Stx France da parte di Fincantieri e l’approccio non esattamente “amichevole” di Leonardo Del Vecchio alla gestione “paritetica” di Essilor-Luxottica.

Il Cda del nuovo gruppo franco-italiano sarebbe composto inizialmente di 11 consiglieri, “con una maggioranza di consiglieri indipendenti e con un numero uguale di consiglieri, 4 ciascuna, in rappresentanza di Fca e Groupe Renault ed uno designato da Nissan”, per di più rinunciando ai diritti di doppio voto di cui oggi gode Exor in Fca.

Tuttavia Exor sarebbe il primo azionista col 13% contro un 7,5% che resterebbe in mano al Tesoro francese e visto che la storia insegna che le “fusioni alla pari” sono comunque acquisizioni in cui uno dei due “pari” alla lunga esce allo scoperto e prende in mano le leve della gestione operativa, non è improbabile pensare che più che la vendita di Fca, come a lungo temuto, una fusione con Renault potrebbe rappresentare esattamente l’opposto.

Ossia la cessione agli italiani del controllo operativo di “regie”, che ancor più di Fca ha bisogno di capitali per restare in un mercato che “ha bisogno di giganti” come nota oggi il portavoce del governo francese, Sibeth Ndiaye. Sempre meglio, forse, che finire col dover accettare un passaggio uno slittamento del baricentro decisionale a favore dei giapponesi di Nissan-Mitsubishi dopo lo scandalo che ha travolto Carlos Ghosn.