Economia
Fincantieri: in uscita l'ad Bono, tutti i nomi sul taccuino di Draghi
La scelta sull'azienda navale quotata è uno dei tasselli più importanti di una tornata che vede il premier decidere con pochi fedelissimi, ma senza i partiti
Fincantieri verso il cambio della guardia
Nella partita delle nomine, la poltrona più importante, che a cascata può creare un maggiore effetto domino tutto interno, è quella di amministratore delegato di Fincantieri. Già, perché chi frequenta abitualmente i corridoi del Ministero dell’Economia spiega ad Affaritaliani.it che è molto difficile che l’attuale amministratore delegato del colosso nazionale della cantieristica Giuseppe Bono, al timone del gruppo dall’aprile 2002, venga riconfermato Ceo.
La versione è confermata da più fonti. In primavera, salvo carsiche congiunture, l’azienda controllata da Cdp con il 71,64% del capitale dovrebbe vedere infatti un cambio di amministratore delegato. Non viene nemmeno dato per sicuro il trasloco di Bono alla presidenza, con l’automatico passaggio del chief financial officer Fabio Gallia alla tolda di comando della società. Uno scenario, la cui genesi è addirittura attribuita allo stesso 78enne (il 23 marzo) top-manager amministratore delegato da ben 12 mandati, stretto fra la certezza ormai del cambio e la solida presenza alla presidenza di una figura trasversale come quella dell’ex capo del Dis Giampiero Massolo, il cui nome è circolato poche settimane fa anche per la Presidenza della Repubblica.
La promozione di Gallia, ex Bnl ed ex Cdp, un manager quindi finanziario puro (in grado di dialogare bene con l’azionista di maggioranza e Sace che assicura il rischio di credito a Fincantieri), ben si sposerebbe infatti con la permanenza al vertice, seppur con molte meno deleghe, di Bono, che ha dalla sua solo la lunga esperienza industriale maturata alla guida del gruppo.
Il Ceo di Cdp Dario Scannapieco
Nomine: ecco chi prende le decisioni
Tutti i profondi conoscitori della partita delle nomine spiegano che, come fu per la prima tornata di designazioni dello scorso anno, le decisioni verranno prese di concerto da questi quattro soggetti (verranno tenuti rigorosamente fuori tutti i partiti, le cui raccomandazioni rischiano addirittura di avere un effetto controproducente, infastidendo Chigi): Mario Draghi, il consigliere economico del premier Francesco Giavazzi, il ministro del Tesoro Daniele Franco e il suo direttore generale Alessandro Rivera. Indicazioni che poi per quanto riguarda le partecipate dirette di Cassa Depositi passeranno formalmente per il comitato nomine della società di Via Goito, stanza dei bottoni dove oltre a Rivera e al Ceo Dario Scannapieco, siede anche Giovanni Gorno Tempini, presidente della Cassa di cui è stato amministratore delegato dal 2010 durante il governo Berlusconi e Monti.
Il presidente di Cdp Giovanni Gorno Tempini
I ruoli da attribuire e i profili più idonei
Nel 2015, Gorno Tempini è stato sostituito proprio dall’esecutivo Renzi proprio con Gallia. Il che, pare, non lo agevolerebbe. E’ per questo che le fonti, oltre alla carenza di skill industriali (irrinunciabili all’Eni e in Via Goito dopo il disastro Saipem), vedono in rialzo per la guida operativa di Fincantieri, quotata a Piazza Affari, le quotazioni di tre manager del settore: il primo è il capo del business militare Giuseppe Giordo, ex Alenia Aermacchi, Ceo di Orizzonte Sistemi Navali (la joint venture fra Fincantieri e Leonardo) e presidente di Naviris (la jv fra il colosso della cantieristica e la francese Naval), una figura dall’alto profilo internazionale che, oltre a fare contenti Lega e M5S si sottolinea, sarebbe un dirigente forte sul commerciale (molti i successi con le commesse della Us Navy) e chiavi in mano qualora in futuro in Via XX Settembre riprendesse corpo il progetto di fusione Fincantieri-Leonardo. M&A ora riposto nei cassetti delle scrivanie ai piani alti del Mef.
Si dice che Giordo, chiamato in Fincantieri proprio da Bono, punti fortemente alla carica di Ceo. Il secondo è l’ingegnere casertano Luigi Matarazzo, carriera tutta interna al gruppo (vi è entrato fresco di studi nel lontano ’91) che conosce come le sue tasche ed è a capo della direzione new building navi da crociera e della divisione navi mercantili.
Gli altri manager nella short-list
Più defilato, invece, Alberto Maestrini, dal 2016 direttore generale di Fincantieri. Per la carica di Ceo, però, bisogna fare i conti anche con Fabrizio Palermo, l’ex amministrazione delegato di Cdp che siede ancora nel board dell’azienda giuliana, da cui proviene (era Cfo) prima di fare le valige per man Cassa: secondo quanto più fonti riferiscono infatti ad Affaritaliani.it, pare che a maggio dello scorso anno, quando il Tesoro chiamò l’ex Bei Scannapieco in Via Goito, il ministro dell’Economia Daniele Franco promise al top-manager di esser traghettato in futuro alla guida di due grandi partecipate di Cdp. E cioè o Fincantieri (Palermo è uscito da tutti i cda delle controllate tranne che dal board del colosso di Monfalcone) oppure Autostrade per l’Italia nel nuovo corso Cdp-Macquarie-Blackstone, al posto di Roberto Tomasi. Società dove la nuova governance post-ritorno sotto l’ombrello pubblico prevede la designazione della guida appannaggio della Cassa, il chief financial officer invece di scelta dei due fondi internazionali e il presidente individuato di comune accordo da tutti gli azionisti. Molto poche invece le chances di Claudio Gemme, manager del gruppo ed ex Anas.
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