Dopo la mossa di Francesco Caltagirone, vicepresidente delle Generali e primo azionista singolo del Leone con il 5,63%, di non depositare il proprio pacchetto di titoli per partecipare ai lavori dell’assemblea, l’aria che si respira attorno alla compagnia è quella di tensione del lontano 28 aprile 2012. Esattamente nove anni fa, sempre in occasione dell’importante appuntamento societario della compagnia triestina, i soci del colosso delle polizze si svegliarono con la richiesta di dimissioni sulle colonne del CorSera da parte di Leonardo Del Vecchio dell'allora Ceo Giovanni Perissinotto. Un risveglio per gli azionisti delle Generali altrettanto brusco come quello odierno, in cui l’imprenditore capitolino, azionista storico dell’assicurazione, ha deciso di assestare un nuovo colpo alla governance, formalizzando il proprio malcontento sugli equilibri tra i principali soci, in particolare su Mediobanca.
CACCIA AL LEONE IN RCS E GEDI/ In Generali solo pacifiche “differenze di vedute su temi strategici complessi” come spiega al Corriere della Sera il presidente della compagnia Gabriele Galateri nella consueta intervista pre-assemblea riferendosi alle divergenze in corso fra i grandi soci oppure contrasti in piena regola prima dello showdown che hanno portato Francesco Caltagirone, come ha rivelato invece Repubblica, a sferrare uno “schiaffo al management dell’assicurazione e a Mediobanca” non depositando le azioni per l’assise? Chi fra il quotidiano di Rcs e quello di Gedi racconta la verità sull’aria che tira in realtà fra i pesi massimi del capitale della compagnia triestina? Nel giornale di Via Solferino, partecipato da Piazzetta Cuccia, hanno fatto parlare chi per definizione ha fra i primi compiti quello di assicurare nei lavori del Cda parità di trattamento per tutti i diversi consiglieri espressione dei diversi soci e si spende, dunque, per un’armonica coesistenza fra i soci nel capitale. Nel quotidiano di Largo Fochetti, invece, hanno fatto parlare i fatti...
Vittorio Ramelli
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Il malcontento, come riferito anche da Affaritaliani.it, è stato evidente durante l’ultimo anno nelle dinamiche dei lavori del consiglio di amministrazione sui dossier di M&A. Secondo quanto riferiscono fonti vicine alla situazione, quello che Caltagirone imputerebbe all’attuale amministratore delegato Philippe Donnet e al board della compagnia non è soltanto l'essere espressione di Piazzetta Cuccia (critica il costruttore romano aveva già esplicitato due anni fa in occasione dell’ultimo rinnovo del Cda), ma che complessivamente il consiglio non si muoverebbe in maniera completamente indipendente dalla merchant bank milanese, che svetta nel capitale delle Generali con il 12,93%.
La decisione emblematica di Caltagirone non è certo lo show-down che, chi segue da vicino le sorti della compagnia assicurativa, si attendeva dopo mesi di frizioni nei lavori del consiglio, ma ora il dissenso del vicepresidente è stato formalizzato.
Ed è sia sul tavolo del Cda sia nelle relazioni fra grandi azionisti: non è più possibile far finta di niente e procedere come se nulla fosse accaduto. “Non si può andare avanti un altro anno come l’ultimo”, sentenzia una fonte finanziaria vicina ai soci. Lo strappo nella governance va ricucito.
Per due motivi. Il primo: la compagnia ha di fronte l’ultimo anno di piano industriale, in cui Donnet ha confermato target sfidanti. Il secondo: il Leone ha ancora in cassa 2,3 miliardi da impiegare per l’M&A (finora ha investito 1,8 miliardi) che rappresenta la leva di crescita, su cui i due grandi azionisti Caltagirone e Del Vecchio hanno view precise e su cui si incentrerà il dibattito fra i pesi massimi del gruppo nelle prossime settimane.
C’è un passaggio societario infatti che potrebbe innescare a cascata altri scossoni nella governance e culminare fra 11 mesi con la presentazione di una propria lista per il rinnovo del prossimo Cda da parte dell’azionista Caltagirone. Epilogo che porterebbe la guerra fra gli azionisti in assemblea ed è la riunione del consiglio di amministrazione delle Generali che avvierà i lavori per il rinnovo del board.
Dopo la modifica statutaria dello scorso anno, il Leone, come Mediobanca, ha introdotto la possibilità per il Cda uscente di presentare la lista per il nuovo consiglio, un processo che verrà supervisionato e gestito internamente dal presidente Gabriele Galateri, a cui toccherà portare il tema sul tavolo dei consiglieri. Un processo che, per completarsi, potrebbe richiedere circa otto mesi.
(Segue: le differenti vedute sul rinnovo del Cda e i possibili contraccolpi sulla catena Generali-Mediobanca)