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Economia
Grecia senza memoria, riporta al potere il partito della crisi. E ora rischia

Diceva Marx che la tragedia si ripete in farsa, nel caso Grecia il dramma condensato in un unico momento è un misto delle due cose. Tutto ha inizio nel 2009, in concomitanza della grande crisi finanziaria mondiale, la Grecia, reduce dall’eroico trionfo agli europei di calcio e dalla fastosa ed epica organizzazione delle Olimpiadi (in colpevole ritardo sul centenario perché la Coca Cola è più importante della storia dello sport), in un concerto politico e finanziario la Destra al governo, grazie alla collaborazione delle banche d’affari yankee trucca la contabilità di stato per avere il vip pass per entrare con i grandi nel prestigioso gruppo dell’Euro. Un maquillage che una volta scoperto, grazie alla voragine aperta dalla crisi 2008, vede risucchiare il Paese e l’intero continente in un’Odissea contabile, finanziaria e legislativa senza meta e apparentemente senza salvezza.

Per gli yankee, che a questa confusione hanno dato un minimo contributo, è l’ennesima occasione per la scommessa del nuovo millennio: frantumare l’Euro, separare, dividere e indebolire l’Europa e infine fare tanti, ma tanti soldi. Lo scopo di tutto. Ci salverà Mario Draghi che riuscirà a supplire alle inefficienze e ai sabotaggi che la politica ha fatto a se stesso, le dichiarazioni di Deuville sono state un liquido infiammabile che hanno rischiato di bruciare la casa europea, anche senza l’intervento dei piromani americani.

Nel frattempo la Grecia passa grandi guai e attraversa dolorose sofferenze: umanamente con povertà e carenze sanitarie, economicamente con tagli agli stipendi, saccheggio di proprietà, e quel poco di utile nell’eliminazione delle spese in eccesso. Ovviamente tutto a carico del ceto medio/basso, i ricchi e gli armatori avevano già trasferito tutto per tempo in gran parte nel mercato immobiliare londinese.

Alla fine la Grecia uscirà uscirà dalle procedure punitive d’emergenza, e ritornerà ad essere un Paese dell’Euro di serie A. Un ritorno nella massima serie che passa attraverso una lunga retrocessione, 10 anni circa di difficili compromessi, il referendum, la Troika, la rinuncia a Varoufakis per accontentare Schauble, 10 anni in cui il Paese ellenico subisce dolorosi esperimenti diventando un laboratorio economico e politico: economico nel tentativo di trasformare il Paese da indolente a rigoroso in stile teutonico, tentativo fallito, e politico essendo stato il primo ad avere una forte e preoccupante presenza sovranista e separatista e il primo paese ad assistere alla sonora sconfitta della sinistra. Il risultato è che oggi Alba Dorata, il partito contro l’Euro è in via d’estinzione, e che la Grecia, nonostante la sopraffazione dell’Europa, verso la moneta unica ha un atteggiamento molto critico, ma dall’Euro non vuole uscire.

Se volete anche questa può essere considerata un’altra versione di Hotel California, non più solo in salsa finanziaria ma anche geopolitica. Tutti possono e vogliono fare check-out, ma alla fine non lo fa nessuno.

Nemmeno Varoufakis, al tempo battagliero e ostile, ora non tenta più l’azzardo della Grexit, l’Europa non gli piace ma preferisce provare a cambiarla da dentro.

L’unica nota stonata, ed è qui che la tragedia si trasforma in farsa, è che dopo 10 anni di crisi la maggioranza dei greci torna a votare il partito che la crisi ha contribuito (con l’inganno) a crearla. E se questo non bastasse, dando il potere a un uomo di mercato che come punti principali di governo ha nell’ordine: taglio delle tasse, taglio delle spese e maggiori privatizzazioni, anche se è più probabile che nel momento di decidere, l’ordine venga invertito.

Questi anni non ci hanno insegnato nulla?

Il libero mercato non ha già fatto abbastanza danni?

Ma la farsa più clamorosa la troviamo nei numeri proposti dai mercati, o perlomeno da come ci vengono presentati. Sembrerà una fatalità, ma il giorno successivo alla vittoria elettorale di Nea Dimokratia, i bond greci ottengono subito una promozione dagli investitori: si vede chiaramente dal grafico postato su twitter dall'economista Frederik Ducrozet che i tassi sui bond a 10 anni greci scendono sotto i corrispettivi Usa per la prima volta in 12 anni. Più che un evento sembra un premio di consolazione, perché altro non è in questa era artefatta che sta vivendo il mondo delle obbligazioni. I media lo definiscono un evento miracoloso, un aggettivo come al solito sensazionalista, ma che in altri tempi avrebbe avuto un senso, oggi con la manipolazione che quotidianamente avviene da parte delle Banche Centrali sugli strumenti obbligazionari, l'uso di questo aggettivo è quantomeno improprio.

Dovete sapere che prima della grande crisi finanziaria, quando ancora le Banche Centrali erano arbitri invisibili, e non i protagonisti che sono diventate oggi, le obbligazioni erano uno strumento ambivalente e dai molteplici scopi: i rendimenti in salita potevano avere un doppio significato, o l'obbligazione stava diventando rischiosa, oppure il tasso cresceva perché l'economia correva troppo e quindi scoppiava di salute. Oggi, con le Banche Centrali che hanno appiattito il mondo dei rendimenti, scatenando una corsa verso il rendimento zero, o in alcuni casi anche sotto zero, la crescita dei rendimenti assume il significato unico di penalizzazione e come una mammella pronta alla mungitura, permette alla speculazione di succhiare rendimenti.

Questo accade talvolta al Btp italiano, e spesso è accaduto a quello greco che ora vive, chissà per quanto ancora, uno stato di grazia. Ma quanto potrà durare? Quale convenienza avrà comprare i titoli di stato greci, con rendimenti compressi ai minimi, ma pur sempre con il massimo rischio insito del paese con il rapporto Debito/Pil più alto al mondo, con un'economia pur sempre limitata alle solite modeste possibilità di entrata, un'economia stritolata e mortificata dalla severità delle istituzione e che al primo stormir di fronde della prossima crisi si troverà nuovamente in ginocchio? Quando questo accadrà, i tassi torneranno immediatamente alle stelle, è inevitabile, producendo nuove perdite ai risparmiatori e sacrifici ai cittadini. Ed è così che la farsa tornerà alle sue origini di tragedia, anche la regola di Marx ha le sue eccezioni.

@paninoelistino

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