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Economia
Putin e la guerra nucleare? Un grande immenso bluff. Come nel poker...

Nei confronti del mondo esterno, il fatto stesso di rammentare la guerra nucleare e l’arsenale di cui dispone, serve ad alimentare la tensione verso l’avversario: avversario giudicato debole ed incapace di reazione adeguata, perché ormai mollificato nel benessere e nelle comodità del capitalismo dove si è adagiato da decenni ed a cui non è considerato capace di rinunciare.

Quest’ultimo aspetto è del resto ampiamente dimostrato: di fatto in Ucraina, l’avversario cerca di aiutare gli ucraini, ma non interviene direttamente. E questo, nella mente del giocatore di poker, sostiene ancora di più la bassa considerazione che ha dell’avversario: inetto, rammollito e sprofondato nella sua comodità, che gli impedisce di sentirsi “soldato” e prendere le armi in prima persona.

Così, come con l’invasione dell’Afghanistan o con i carrarmati mandati in Ungheria nel 1956 o quelli arrivati alla Piazza di San Venceslao a Praga nel 1969… l’occidente condanna, magari reagisce, finanzia la resistenza… ma non interviene, quella massa di rammolliti, nella mente del giocatore di poker, permette a lui di realizzare i suoi piani. Lui muove l’Armata Rossa, gli altri no.

Certo, Praga nel 1969 e Budapest nel 1956 erano già nell’area sovietica (non l’Afghanistan del 1980 però), e, formalmente, non l’Ucraina. Ma quello che conta è che l’Ucraina era ancora, di fatto, terra di possibile conquista.

Alla fine, ci sarà guerra nucleare?

Il mondo sta rischiando ovviamente, solo parlarne indica un livello di rischio elevato. E mantenere i nervi saldi, da questa parte, non sarà facile.

E’ improbabile che Putin prema il pulsante nucleare. Il grande bluff sovietico, prima o poi, rivelerà di essere quello che è: un grande immenso bluff, molto pericoloso, ma un bluff.

Sono le idee a vincere le guerre. Non le armi, non i soldati, non gli armamenti. E le idee fondate sui bluff … svaniscono come neve al sole. Come nel 1989: un gigantesco bluff che imploderà su se stesso. Certo, ci sembra impossibile, anche nel 1989 sembrava tale.

Quanti danni avremo da tutto questo? Non grandi, ma immensi, li stiamo già pagando e li pagheremo ancora.

Se pensi che sia colpa di Putin, degli Stati Uniti, della Nato o di chi vuoi tu, non importa. Il conto da saldare sarà salato, sotto tutti i punti di vista e conterà poco di chi è la colpa, anche perché, in sostanza, non potremo farci nulla.

Dove andranno i mercati? A cercare un supporto da cui ripartire. Nel frattempo, faranno quello che abbiamo visto nelle ultime settimane, il tipico comportamento dei mercati ribassisti: rapidi rimbalzi, anche significativi, e affondi progressivi

Il difficile è capire dove finisce, in genere finisce con un affondo molto forte, più forte e alle volte, speriamo di no, catastrofico, le televisioni ne parlano (buon segno: nei telegiornali di ieri c’erano i tonfi di Amazon e Apple) e si ritorna con molta prudenza a ricomprare.

Sembra che la paura, stavolta, debba andare sotto terra per far tornare l’avidità a rivedere le stelle. Vedremo fino a che punto.
 

Maurizio Monti
Editore
Istituto Svizzero della Borsa

 

P.S.: Quello della pietra e della fionda. E’ “l’uomo del mio tempo” dell’indimenticabile Salvatore Quasimodo. Temo sia l’uomo di “ogni tempo”.

Malgrado tutto, le sorti dell’uomo restano magnifiche e progressive: lentamente, impareremo.

In questo, i mercati hanno tanto da insegnarci: separiamo la parte cinica, indegna della natura umana, ma impariamo il realismo, guardiamo i grafici, studiamo le tecniche, utilizziamo le strategie che vincono. In una parola, vinciamo noi quella continua sfida a poker, dove i bluff vengono subito a galla e le carte dobbiamo averle buone sul serio… o è meglio non giocare.

 

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