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Economia
"Il reddito di cittadinanza affossa il lavoro. Diamo dai 1.400 al mese, ma..."
I due fondatori di Barberino's, Michele Callegari (attuale CEO) e Niccolò Bencini (COO)

Come funziona il processo di selezione per Barberino’s? 
I barbieri neo assunti vengono formati alla Barber School (accedono solo persone che conoscono già il mestiere per uniformare i protocolli e le metodologie di lavoro, prossimamente verrà aperta la partecipazione anche ai giovanissimi con un format in stile "accademia", lezioni+alloggio). La barber school prevede un bootcamp di una settimana. In seguito i training continuano con una cadenza media di due giorni al mese. Esiste poi il modulo “road to shop manager” (costituito a sua volta da un bootcamp di una settimana e da training mensili da superare) dalla durata di 6 mesi per quei barber che vogliono diventare shop manager e training in Inglese o Francese per i dipendenti che vogliono fare esperienza all’estero. 

Che cosa insegnate?
Alla Barber School non ci sono solo corsi pratici sulla barberia, ma anche altre discipline come principi di hotellerie, marketing, consulenza, soft skills con esercizi pratici per apprendere nozioni sulla leadership, la cooperazione. Si gioca ad esempio al dilemma del prigioniero in squadre, si simulano situazioni difficili con ospiti o colleghi. Si deve vendere in pubblico e via dicendo. 

Avete meccanismi di premialità per i dipendenti?
Dopo quattro anni di lavoro, i dipendenti Barberino's hanno accesso alle stock options per acquisire azioni della società.

Com'è il mestiere di barbiere?
Duro, c'è da lavorare tanto, non si sta mai con le mani in mano. Però, al di là di uno stipendio decisamente interessante, abbiamo ridato dignità a una professione che era ostaggio del nero, del dumping sui prezzi. Pensi che esistono catene che mandano a chi vuole fare il barbiere - anche senza alcuna esperienza - dei video su YouTube. Guardati questi filmati, si è in grado di tenere in mano una macchinetta e fare un taglio a pochissimo prezzo. Tanto, se anche si fanno disastri, chi è che si lamenterà se paga un servizio come questo 7-8 euro?

Siete cresciuti tanto nonostante la pandemia che, in teoria, avrebbe dovuto affossarvi. Ora che dossier avete sul tavolo?
Due principalmente. Il primo è un round di Serie A con primari player che parteciperanno all’iniziativa e che annunceremo all’inizio di novembre. È tutto fatto ma ci concediamo un pizzico di scarmanzia. Il secondo è l’internazionalizzazione, abbiamo deciso di puntare sulla Germania.

Come mai la Germania?
Perché è il mercato più vicino al nostro come tipologia. Ne abbiamo valutati altri due: Usa e Uk. Il primo era molto interessante, ma il caro-dollaro ha reso ingestibile la possibilità di investire lì. E il Regno Unito, con la Brexit, è diventato un luogo che ha tutte le difficoltà degli Stati Uniti con una sola città su cui puntare contro le 20 degli Usa. Da qui la scelta della Germania.

Altre idee?
Potremmo estendere i nostri servizi anche alla donna, che per il momento abbiamo “trascurato”. E poi c’è l’idea di aprirci anche al franchising. Al momento, infatti, abbiamo un unico negozio non direttamente di proprietà, ed è a Seoul. Anche su questa formula potremmo lavorare molto.

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