Economia

La Cina non è vicina: troppe bugie ed economia traballante fanno paura

di Marco Scotti

Evergrande gravata da 300 miliardi di debiti, Country Garden insolvente, i dubbi sul Covid e i silenzi di Xi sulla crescita dell'economia

La Cina tra bugie e un'economia sempre più incerta è un fardello per il mondo

Felix The Cat
 

In un film del 1967 Marco Bellocchio raccontava al mondo che “La Cina è vicina”. Poco meno di 60 anni dopo ci troviamo a sperare che la vicinanza sia un po’ meno concreta. Perché Pechino rimane un problema, un mistero, un’incognita a livello mondiale che impedisce di guardare al futuro – di per sé incerto – con un minimo di lucidità in più. Alla base di tutto, una mancanza di trasparenza comunicativa che complica ogni piano. La disoccupazione aumenta? E Xi Jinping decide arbitrariamente che non pubblicherà più i dati. D’altronde, dover prendere consapevolezza che un giovane su cinque è disoccupato non dev’essere facile per la (futura) prima economia del mondo.

La crescita cinese, un tempo uno dei miti incrollabili degli economisti, è oggi sempre più flebile, debole, tremolante. Sembra la fiammella nella miniera: se si spegne, sono guai grossi per tutti. E, sempre per restare nella metafora dell’estrazione di minerali, il famoso uccellino che veniva portato nei meandri della terra per avvertire in caso di pericolo sembra ormai totalmente stecchito. Evergrande ha presentato istanza di fallimento negli Stati Uniti. 

E come al solito si usano eufemismi, sotterfugi: in una nota la società ha dichiarato che “sta portando avanti la sua ristrutturazione del debito offshore come previsto. L’istanza – afferma il colosso cinese – è una normale procedura di ristrutturazione del debito offshore e non comporta istanza di fallimento“. Poiché le obbligazioni denominate in dollari Usa sono disciplinate dalla legge di New York, “la società ha presentato ricorso alla Corte degli Stati Uniti ai sensi del Capitolo 15 del Codice fallimentare degli Stati Uniti per il riconoscimento degli schemi di accordo nell’ambito della ristrutturazione del debito offshore per Hong Kong e le Isole Vergini britanniche”.