Economia

Lavoro: great resignation, Big Quit, Quiet quitting? C’è chi dice no

di Redazione Economia

Dall’indagine di Kelly a livello europeo emerge un “nuovo” gruppo di lavoratori ad alto valore aggiunto che non ha intenzione di lasciare il proprio posto

Il senso di appartenenza è fondamentale. Oltre la metà dei “Dedicated Performer” (54%) dichiara di provare un senso di appartenenza alla propria azienda attuale e il 53% afferma di lavorare in un ambiente psicologicamente sicuro, rispetto ad appena il 12% di coloro che sono alla ricerca di una nuova opportunità. Dato che in rapporto alla generalità dei talenti italiani vede il 32% di loro avere senso d’appartenenza verso l’azienda, che sale al 33% per i colleghi francesi, al 37% per i portoghesi, mentre crolla al 25% per i tedeschi.

Lo sviluppo delle competenze è una priorità assoluta. Alla domanda sulle ragioni più importanti per cui non lasceranno il loro attuale ruolo, i lavoratori europei “Dedicated Performer” danno la massima priorità alle buone opportunità di sviluppo delle competenze (35%), seguite da una buona progressione di carriera (33%) e da un buon equilibrio tra lavoro e vita privata (27%). Ma proprio la carriera risulta essere un tasto dolente in generale per i lavoratori, infatti quando si domanda se abbiano mai affrontato ostacoli che hanno impedito di accedere al mondo del lavoro o di avanzare nella carriera, rispondono in modo affermativo il 43% dei lavoratori italiani e portoghesi, il 44% dei francesi e ben il 50% dei lavoratori tedeschi.

Hanno a cuore la Diversity&Inclusion (DEI). L'impegno di un'organizzazione nei confronti delle diversità, equità e inclusione, può avere un impatto significativo sulla capacità di rimanere nell’azienda. Infatti, i lavoratori che intendono restare nella loro attuale azienda (Dedicated Performer) affermano che i leader hanno comportamenti inclusivi (43%) e che ci sia diversità a tutti i livelli dell'organizzazione (49%). Con uno sguardo più in generale a livello europeo, i lavoratori italiani affermano che i loro datori di lavoro hanno comportamenti inclusivi nel 33% dei casi, per i colleghi tedeschi e francesi 31% e 34% per i lavoratori portoghesi. Mentre per quanto riguarda la diversità a tutti i livelli organizzativi, gli italiani sono d’accordo al 36% con questa affermazione, i francesi al 37%, portoghesi al 35%, chiudono i tedeschi dove solo il 29% dei lavoratori è d’accordo.