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Economia
Le tv tradizionali tremano: cambia il conteggio dell'audience, il web fa paura
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Cambia il parametro per conteggiare l'audience tv: e i player tradizionali tremano

C’è uno spauracchio che inizia ad agitare le grandi aziende televisive: da metà del prossimo anno, infatti, l’audience video sul web sarà equiparata a quella tv. In un primo momento verrà fatta partendo da una determinata trasmissione che, oltre al tradizionale share, conteggerà anche eventuali spezzoni trasmessi sul web come “embed” oppure la visione del programma su internet. Ma è ovvio che, a tendere, l’audience dei video in rete verrà equiparata a quella televisiva, creando un problema enorme. Già oggi i giganti tech drenano il mercato della pubblicità su internet: Alphabet, Meta e Amazon sono già oggi ai primi tre posti nella classifica dei ricavi, secondo i dati dell'Osservatorio Agcom. 

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Che cosa succederebbe, un domani, se l’utente che guarda un video web venisse equiparato a quello seduto sul divano a guardare la televisione? Il mercato sta rapidamente cambiando. Una recente indagine Auditel-Censis testimonia che 700mila famiglie non hanno in casa un televisore, mentre le smart Tv hanno sorpassato quelle tradizionali e consentono quindi la visione di contenuti via streaming e web, come Netflix, Paramount + e via dicendo. Non basta: in un recente convegno organizzato da Upa, tre quarti degli addetti ai lavori considerano YouTube alla stregua di una Advanced Tv, cioè una televisione di nuova concezione. E gli investimenti su questa tipologia di tv verranno presi, per il 40%, da quelli destinati alla televisione tradizionale e solo per il 20% da quelli che sarebbero finiti nel digitale. 

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È un mercato sempre più complesso e sfaccettato, che vedrà gli operatori tradizionali sempre più in difficoltà. Senza voler scendere nella filosofia spicciola, infatti, il concetto stesso di fruizione del contenuto è cambiato: non c’è più, salvo rare eccezioni o per le grandi manifestazioni sportive, l’appuntamento televisivo ricorsivo, da seguire con attenzione. Non si attende più la settimana successiva per vedere il nuovo episodio di una serie tv, perché questa viene resa disponibile immediatamente e in maniera totale. Questo scenario, insomma, è ben chiaro a chi si occupa di televisione. Per questo ha fatto inarcare più di un sopracciglio la decisione di tagliare il canone Rai da 90 a 70 euro, ricorrendo per il resto alla fiscalità generale.  

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Ma se Atene piange Sparta non ride. Mediaset, che pure ha completato il sorpasso sulla Rai, si trova di fronte a una trasformazione epocale che dovrà decidere di cavalcare nel modo più efficace. A tendere, a Cologno Monzese sanno bene che il panorama cambierà in maniera incontrovertibile. Da qui l’idea di acquisire ProsiebenSat: per creare un polo europeo che abbia le spalle sufficientemente larghe per reggere il cambio di paradigma che si sta già delineando. E che non potrà che rendere complessa perfino la stessa natura delle televisioni tradizionali. Che dovranno dirottare i loro servizi verso altre direzioni, coinvolgendo quella Generazione Z che non ha mai avuto grande dimestichezza con il dispositivo un tempo conosciuto come tubo catodico. Tant'è che Bernd Habets, amministratore delegato di ProsiebenSat1, ha dichiarato al Financial Times che, nelle ultime settimane, le due società hanno già avviato una “collaborazione significativa” nella pubblicità, nella tecnologia e nei contenuti: "un dialogo molto più costruttivo per sviluppare modelli di cooperazione reali” con Mfe. Per evitare di scomparire, i giganti della televisione tradizionale sono costretti a…cambiare programma. 

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