Economia

Leonardo, Rheinmetall, Saab... chi vola in Borsa con la corsa alle armi

di Andrea Muratore

Nel 2023 la spesa militare dei Paesi Nato ha raggiunto i 1.341 miliardi di dollari. I conflitti in Ucraina e Palestina e gli affari delle compagnie europee

Leonardo, Rheinmetall, Saab e gli altri: chi vola in Borsa con la corsa alle armi

Il mondo si riarma e, due anni dopo l’inizio della guerra in Ucraina e quasi otto mesi dopo lo scoppio del conflitto di Gaza, il trend sempre più caotico e conflittuale delle relazioni internazionali sta portando al boom delle spese militari globali.

Con buona parte del mondo che progetta un sostanziale riarmo, questo provoca effetti anche in Borsa. Spesso si sente parlare del complesso militare-industriale americano. Ma i big della Difesa Usa, da Northop Grumann a Lockheed, sono abituati da tempo a grandi commesse. E, anzi, la fase attuale sta addirittura mettendoli alle corde per lo stress alle catene di fornitura tra necessità di armare l’arsenale Usa, di sostenere l’Ucraina e di alimentare l’export. La crescita delle spese militari, piuttosto, sta spingendo con forza le compagnie europee.

Spese militari, un trend in forte crescita

Il 2024 sarà ricordato come l’anno dell’Epifania della necessità di nuove e più consolidate spese per la Difesa europea, in un trend che, come ha ricordato l’analista Tom Bailey di HANetf, prosegue da tempo: “Lo scorso anno, la spesa militare dei 31 membri dell'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) ha raggiunto la quota di 1.341 miliardi di dollari, segnando un aumento del 5,2% rispetto al 2022”, nota l’analista. Indicando “un incremento sostanziale, specialmente se rapportato ai numeri degli ultimi 10 anni, con addirittura un +19% dal 2014, anno in cui la Russia ha invaso per la prima volta l'Ucraina. La spesa NATO ha rappresentato il 55% della spesa militare globale del 2023, con le nazioni europee che hanno rappresentato il 28% del totale NATO, toccando la quota più alta dell’ultimo decennio”. Una salita al 30% nel 2024 non è da escludere, e in Borsa c’è già chi sta venendo sostenuto in tal senso dagli investitori.

Leonardo: +135%. Ma volano anche Iveco, Airbus, Safran...

La nostra Leonardo ha segnato un aumento del 135% del valore delle sue azioni nell’ultimo anno, +54% da inizio anno, sulla scia di nuove commesse in campo elicotteristico e di sensoristica, di un rinnovato protagonismo in campo cyber, Ia e dei programmi F-35 e della ripresa della corsa agli armamenti in Europa. Fa +45% in sei mesi e +52% Iveco, forte di una grande divisione Difesa. Fuori dall’Italia, del 24% in un anno e del 10% da gennaio è salita Airbus, mentre la tedesca Rheinmetall, produttrice dei carri armati Leopard 2 ordinati anche dall’Italia è cresciuta del 75% nel 2024. Del 25% la crescita di Thales, azienda francese che produce missili, sistemistica per la Difesa e componentistica avanzata. Sale del 35% un altro gruppo, Safran, protagonista della tecnologia per la Difesa transalpina, che anno su anno sfiora il +60%.

La Difesa, un asset chiave per chi in Borsa va all’attacco

Nel resto d’Europa, brilla la stella di Indra: l’azienda spagnola è a +55% da gennaio e +85% da giugno 2023. La Spagna di recente ha sbloccato un miliardo di euro di armamenti per Kiev, e molte contribuiranno a alimentare la domanda delle complesse tecnologie avanzate del gruppo di Alcobendas. E come non citare la svedese Saab, che brilla nella nuova, agguerrita nazione della Nato? In un anno il gruppo massimo appaltatore della Difesa di Stoccolma per armi, veicoli e blindati sfonda il +70%. Tutti questi attori, insomma, pasteggiano grazie al boom delle spese per la Difesa. La sensazione è che, se sapranno trasformare in investimenti e reddito la fiducia degli azionisti in arrivo, sarà solo l’inizio. E che la Difesa sia ormai un asset chiave per chi in Borsa va all’attacco, cercando rendimenti.