Economia

Libia, dopo le dimissioni di Serraj, Haftar riaprirà la produzione di petrolio

Dopo mesi di stallo, qualcosa si muove sul fronte libico. A due giorni dall'annuncio di dimissioni entro ottobre di Fayez Al Serraj, il premier libico di base a Tripoli, il maresciallo Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, ha annunciato che autorizzerà la ripresa della produzione di petrolio che le sue milizie bloccavano dallo scorso febbraio. Il blocco ha portato a perdite per oltre 9,8 mld di dollari e ha messo in ginocchio il Paese nordafricano, scatenando le sanguinose proteste delle ultime settimane.

La popolazione è scesa in strada in varie città (non solo nell'Est ma anche nella capitale, Tripoli) per i prolungati disservizi, la mancanza di acqua, la drammatica penuria di elettricità e carburante. Vestito in uniforme militare, dal suo ufficio, Haftar ha fatto riferimento proprio a quelle rivolte popolari: ha detto che ha deciso di "lasciare da parte tutte le considerazioni militari e politiche" per rispondere "alle sofferenze" dei libici e al deterioramento delle condizioni di vita nel Paese. L'attività riprenderà, ha aggiunto, "con tutte le condizioni e gli accorgimenti procedurali necessari che garantiscano un'equa distribuzione dei benefici", una chiara allusione al possibile accordo con le autorità di Tripoli. Poco dopo, Ahmed Maitig, vice premier del governo di intesa nazionale sostenuto dall'Onu a Tripoli, ha reso noto che verrà formato un comitato per supervisionare l'equa distribuzione dei dividendi.

Difficile prevedere in che tempi e con quali modalità riprenderà l'attività. Ore prima dell'intervento di Haftar, il presidente della Noc, la compagnia petrolifera libica, aveva avvertito che la produzione di idrocarburi non potrà tornare alla normalità fino a quando non verrà affrontata una vera smilitarizzazione che permetta il disarmo delle numerose milizie locali e se non verranno espulse le migliaia di mercenari stranieri dal Paese; e ha anche avvertito che "nelle attuali condizioni lo stato di forza maggiore, in vigore dallo scorso febbraio, non può essere revocato" (imposto dalle truppe di Haftar sia nel Golfo di Sirte, cuore dell'industria petrolifera libica, sia nei campi occidentali, che riforniscono Tripoli, lo stato di forza maggiore era stato brevemente abolito lo scorso luglio). "Il settore petrolifero non deve essere politicizzato, non può essere una valuta di scambio politico con cui negoziare", ha aggiunto Sanallah.

L'annuncio di Haftar arriva pochi giorni dopo che Russia e Turchia, le due potenze più influenti nel conflitto libico, hanno annunciato "progressi sostanziali" nei loro negoziati bilaterali sul futuro della nazione nordafricana. La Farnesina -che da giorni lavora sotto traccia per risolvere il caso dei 18 uomini sui due pescherecci trattenuti da quasi tre settimane dall'esercito di Haftar- si è augurata che "tutte le parti sostengano con responsabilità il percorso di dialogo verso una soluzione concordata alla crisi; e sul processo di dialogo politico intra-libico si è augurata che "tutti i membri della comunità internazionale" si astengano "dall'interferire negli affari interni della Libia".