Economia
Maggiore Rent, quando gli ammortizzatori sociali servono solo per vendere

di Paolo Fiore
Il 23 ottobre i dipendenti di Maggiore Rent sciopereranno: 141 rischiano di perdre il posto di lavoro nonostante la loro azienda sia sana. A motivare un taglio dei dipendenti che sfiora il 50% non è un collasso ma, al più, un ritocco: la previsione di un calo del 3% sul fatturato del 2015.
La decisione è del nuovo proprietario, Avis Budget, multinazionale con sede negli Stati Uniti che, lo scorso marzo, ha fatto shopping in Italia: il gruppo ha acquisito Maggiore per 170 milioni di dollari. E qui sta il nodo della questione. Perché la storia di Maggiore Rent è quella di tante altre imprese, che utilizzano gli ammortizzatori sociali appena prima di vendere: i bilanci migliorano (anche a spese dello Stato) e il prezzo, di conseguenza, lievita. Ma i posti di lavoro si perdono lo stesso.
Nel 2013, Maggiore Rent stima una perdita di 2,6 milioni di euro. Raggiunge con i sindacati un accordo per sottoscrivere un contratto di solidarietà. Dura due anni e potrebbe essere prorogata per un altro biennio. Ma, a fine gennaio 2015 (quando i rumors di una vendita imminente) non viene rinnovata.
“L'azienda – dice Marino Masucci, coordinatore nazionale Fit Cisl - non ha fatto cenno a un'acquisizione, limitandosi a dire che la situazione era migliorata, i volumi e il fatturato erano cresciuti”. L'impresa è sana, anche grazie agli ammortizzatori sociali.
Il bilancio del 2013 descrive lo stato di salute dopo un anno di solidarietà: i costi del personale calano (da 16 a 14,4 milioni), i ricavi crescono e l'utile passa da da 2,8 a 4 milioni. Ma soprattutto l'Ebitda triplica (da 3,6 a 9,6 milioni), segno della capacità di coprire i costi.
Anche l'acquirente, Avis Budget, ha i conti in ordine. E non solo perché ha la possibilità di spendere 170 milioni. Nel 2015, il gruppo si attende ricavi fino a 8,7 miliardi di dollari (in lieve aumento rispetto al 2014) ed Ebitda tra i 900 e i 950 milioni (con una crescita tra il 3 e l'8%).
Quando la trattativa tra Maggiore e Avis è ormai chiara, i sindacati chiedono all'azienda di introdurre nel possibile accordo delle clausole di salvaguardia per i posti di lavoro. “Ci hanno risposto che il prezzo sarebbe sceso”, afferma Masucci.
A ottobre, Avis Budget taglia. Lo aveva già fatto nel 2013 con la sua divisione italiana: 82 dipendenti a casa e 58 esternalizzazioni per prospettive di mercato negative. Stessa manovra con Maggiore: il 5 ottobre arriva la lettera con la quale Avis Budget comunicata gli esuberi: 141 posti di lavoro su 287 a tempo indeterminato (cui si aggiungono 4 dirigenti e 11 lavoratori a tempo determinato).
Eppure i dati, contenuti nel documento, non sembrano proporzionati al taglio: ricavi in calo del 4,2% nel primo semestre del 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014 e del 3% a fine 2015. Tradotto in euro: poco più di 3,9 milioni di fatturato, mentre non ci sono proiezioni su Ebitda e risultato netto. Poca cosa per un gruppo da oltre 8 miliardi di ricavi. Avis dice chiaramente che “non ci sono alternative”.
I lavoratori le stanno ancora cercando. Sciopereranno, mentre i sindacati hanno chiesto un incontro al ministero del Lavoro e a quello dello Sviluppo economico perché “preoccupati per la perdita dei posti di lavoro, dell’uso distorto degli ammortizzatori sociali”.