Economia
Mps, Mes, tasse, Tav e reddito cittadinanza:i dossier che "terremotano" M5s-Pd
“Mps? Non ci metto una parola oggi". Di solito il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, grillino doc della prima ora sempre molto gentile con i giornalisti, questa volta si è irrigidito ed è filato via dritto, allontanandosi dai cronisti a Palazzo Madama come Superman quando vede la criptonite da lontano: meglio stare alla larga. Il motivo? Gli è stato chiesto del futuro della banca senese controllata dal Tesoro con il 64,2% e che il governo italiano, d’accordo con la Vigilanza europea, deve privatizzare entro fine 2021.
Patuanelli, politico navigato nonostante la giovane età, non se l’è sentita di far riemergere vecchi fantasmi e motivi di tensione fra M5S e Pd, proprio oggi che i due partiti stanno cercando di fare i salti mortali a Palazzo Madama per mantenere in vita il governo Conte. Giorno in cui l’Avvocato del popolo sta provando a racimolare con i denti i voti utili per far sembra la nuova maggioranza, orfana di Italia Viva, il meno raccogliticcia possibile.
Già, perché il futuro del Montepaschi è uno di quegli argomenti su cui i Dem e i grillini sono su posizioni diametralmente opposte e che ha visto le due forze politiche mettersi le dita negli occhi in consiglio dei ministri fino a un minuto prima che il solipsista Matteo Renzi non aprisse la crisi di governo.
In Parlamento, su Rocca Salimbeni il M5S ha dichiarato guerra al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri e al suo braccio destro Alessandro Rivera, direttore generale a Via XX Settembre. Il capo Dem del Tesoro sta facendo i salti mortali per portare Mps nelle più solide braccia del campione nazionale UniCredit o di qualche altro cavaliere bianco.
Alle Camere, prima la presidente della commissione d’inchiesta sulle banche Carla Ruocco, pentastellata ortodossa, ha criticato la volontà del Tesoro di uscire dal capitale di Mps realizzando una miliardaria minusvalenza e ha rilanciato l’idea di un polo bancario pubblico (tramontato per Cdp) per finanziare le Pmi partendo proprio da Siena, istituto a cui agganciare i destini di Carige e di Popolare di Bari, altre banche su cui lo Stato si è mosso per la messa in sicurezza.
L’idea poi di una Mps che deve resti in capo al Ministero dell'Economia piuttosto che essere ceduta a Piazza Gae Aulenti è stata fatta propria dai Cinquestelle nelle commissioni Bilancio e Finanze proprio di Palazzo Madama che hanno cercato di sabotare la legge di Bilancio sulla dote fiscale miliardaria (le Dta, deferred tax asset) disegnata da Gualtieri e Rivera per chi si comprerà l’istituto da privatizzare. Dote ufficialmente considerata dai grillini un regalo troppo generoso per l’istituto acquirente, ma che in realtà nasconde la loro visione alternativa per Siena.
I pentastellati sono riusciti a spuntarla in Zona Cesarini con un emendamento alla manovra, costringendo il Pd a portare la discussione preventiva sulla concessione dei crediti d’imposta, che farà mancare gettito alle casse dello Stato, in Parlamento, prima del closing dell’operazione, deal che potrebbe realizzarsi nei prossimi mesi. Come voteranno sul tema Mps Dem e Cinquestelle? Ancora divisi? La maggioranza rattoppata terrà?
Il Montepaschi non sarà l’unico banco di prova potenziale della debole maggioranza il cui futuro fra qualche ora si delineerà con più chiarezza. Ci sono anche la Tav, il futuro della misura bandiera del M5S ovvero il reddito di cittadinanza completamente fallimentare sulla parte delle politiche attive e che il Pd, da sempre contrario alla misura da non abolire però, vuole completamente riformare per migliorare la formazione professionale e l’inserimento lavorativo.
Poi, c’è la madre di tutte le riforme come quella fiscale, richiamata da Conte anche nel proprio discorso in Parlamento come passaggio importante di legislatura, tema su cui ci sono diversità di vedute. O, ancora, un’altra delle proposte bandiera del M5S, come quella sull’acqua pubblica. I grillini puntano a escludere le società per azioni dalla gestione del servizio, mentre i Dem sono da sempre a favore di un sistema misto, opponendosi all’esclusione totale delle Spa.
Infine, c'è il famigerato Mes. Proprio sull'European stability mechanism, Renzi ha rotto chiedendo che nel Pnrr fossero inseriti i 36 miliardi condizionati attivabili dal Fondo salva-Stati. Il M5S, ideologicamente, è da sempre contrario perché lo giudica uno strumento cominitario "anacronistico", giudizio non condiviso da dai Dem che lo ritengono invece attuale specie perché è pronta cassa per la disastrata Sanità in cui la pandemia ha evidenziato tutti i limiti del sistema che ha dovuto fronteggiare il maggior numero di morti per Covid al mondo per abitanti.
Per il momento, dopo il pressing di LeU per bocca del ministro Roberto Speranza, la dote per le nuove spese dedicate alla salute è stata alzata da 9 a 20 miliardi. Sul Mes, è stata messa la parola fine? Anche oggi al Senato il premier Conte ha ricordato che il tema è ancora "divisivo" nella maggioranza. Al netto dell'effetto stigma sui mercati poi per i Btp, tutto da quantificare, attivare il Mes significa risparmiare poco meno di trecento milioni di spesa per interessi all'anno per 10 anni. In tutto, fanno 3 miliardi. Poco meno dello 0,2% del Pil. Non poco.
Insomma, i temi di divisione fra le due anime forti della maggioranza di governo restano, mine pronte ad esplodere, anche se Conte ha detto di volerle evitare, e a terremotare il nuovo assetto da consolidare. E oggi al Senato è meglio non ricordarlo. La prudenza non è mai troppa: Patuanelli ha dimostrato di esserne consapevole.
@andreadeugeni