Economia

Mps, piano Passera? Fa meglio alla banca.Ma c'è il banker dello scandalo Libor

Due piani in campo per salvare il Montepaschi: quello targato Jp Morgan-Mediobanca e quello Passera-bis. Eccoli messi a confronto. Il migliore? Il secondo ma...

Con la nuova proposta Passera (il piano Passera bis) pare aver accantonato l’idea della conversione dei bond subordinati avendo nel frattempo trovato investitori istituzionali come Warburg Pincus e Atlas Merchant Capital (fondata dall’ex numero uno di Barclays, Bob Diamond), pronti a sottoscrivere un aumento di capitale riservato tra uno e due miliardi. Come già a luglio, l’aumento da lanciare sul mercato non sarebbe superiore ai 2-3 miliardi, cifra meno ostica da reperire, mentre gli Npl da cartolarizzare salirebbero a 32 miliardi senza che sia più previsto l’intervento del fondo Atlante.

Il fatto che la proposta non sia ancora vincolante e che Passera abbia chiesto un mese per aprire una “data room” ed esaminare i conti di Mps sembra aver destato qualche contrarietà in Consob, cui non sembra essere piaciuta neppure la presenza tra i potenziali nuovi azionisti di Mps dell’ex numero uno di Diamond, che in alcuni evoca ricordi non propriamente rassicuranti essendo stato costretto a dimettersi dalla banca inglese a seguito dello scandalo della fissazione irregolare del tasso Libor. Ampliare l’ammontare di Npl da cartolarizzare significa infatti includere anche crediti meno deteriorati delle sole sofferenze, ma a scegliere cosa collocare e a chi sarà, operativamente, l’intermediario incaricato dell’operazione.

In sostanza: col nuovo “piano bis” di Passera, che si candiderebbe anche a succedere come presidente operativo a Massimo Tononi, sulle cui dimissioni avrebbe pesato proprio un sostegno dato alla prima proposta di Passera, il business della cartolarizzazione degli Npl senesi verrebbe sfilato dalle mani di Jp Morgan, Mediobanca e Atlante (che tra i propri sottoscrittori annovera come noto Unicredit e Intesa Sanpaolo), per passare ad una nuova compagine di fondi esteri.

In compenso, la richiesta di nuovo capitale sul mercato si ridurrebbe di quasi la metà e chi ha attualmente bond junior di Mps in portafoglio potrebbe vedere un recupero delle quotazioni dei titoli. Di fatto il fantasma del “bail in” svanirebbe e si potrebbe assistere ad un re-rating di Mps e dei suoi bond, di cui però beneficerebbero soggetti differenti da quelli finora chiamati al capezzale della banca. Il tutto sempre che il Tesoro accetti di porre fine a una lunga stagione di gestione “politica” di Mps, in cui Fondazione Mps con l’aiuto di utili “portatori d’acqua” italiani, brasiliani e messicani, è riuscita a mantenere il controllo sulla banca a discapito di una partecipazione azionaria sempre più evanescente.

Luca Spoldi