Economia
Nomine, braccio di ferro con la Lega e FI su Scaroni: "Meloni non lo vuole"
La discussione si è inceppata sul ruolo di presidente di Enel o Poste. Il Carroccio: "Bizzarro che un partito decida da solo su tutto"
Nomine, scontro in maggioranza per Paolo Scaroni: Meloni non cede
Il governo continua a litigare per le nomine delle partecipate di Stato, la partita non è ancora chiusa per le cinque grandi società: Eni, Enel, Poste, Leonardo e Terna. Meloni ha ottenuto l'ultima parola sugli amministratori delegati, scelti tutti dalla premier, ma sulle presidenze adesso - si legge sul Corriere della Sera - è scontro con la Lega e Fi. A notte fonda era ancora tutto per aria. Meloni è determinata a imporre "profili competenti" che non facciano storcer nasi né in Italia, né tantomeno all’estero. La decisione di affidare la guida di un'azienda strategica come Leonardo a Roberto Cingolani, ex ministro del governo Draghi, ha scontentato mezzo esecutivo, mentre dovrebbe andare liscia la scelta di Giuseppe Zafarana presidente. Claudio Descalzi e Matteo Del Fante restano rispettivamente ad di Eni e di Poste, Stefano Donnarumma dovrebbe lasciare Terna per Enel e Giuseppina Di Foggia sarà la prima donna amministratrice delegata di una società quotata.
Quando si è arrivati a discutere delle presidenze e quindi di come compensare la frustrazione di Salvini e Tajani, l’ingranaggio - prosegue il Corriere - si è inceppato sul nome di Paolo Scaroni. Per il manager che per un decennio è stato assiso sulla poltrona più importante dell’Eni, si è molto battuto Gianni Letta a nome di Berlusconi. Non senza tensioni. Il presidente del Milan sembrava destinato all’Enel e poi alle Poste e forse riuscirà ad approdare alla presidenza del gigante dell’energia, ma il nodo, come sussurra un ministro, è che «Giorgia proprio non lo vuole». Anche ieri, chiusa per ore a Palazzo Chigi con i due vicepremier, lei è rimasta immobile. Non solo perché Scaroni è l’uomo degli accordi con la russa Gazprom, ma anche perché è «del vecchio giro» e Meloni qualche segnale di discontinuità vuole pur darlo. La Lega è in ebollizione. Prova ne sia l’altolà del leghista Molinari alla premier, quel "sarebbe bizzarro che fosse un solo partito a indicare i nomi a scapito degli altri".