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Calzaturiero: bene fatturato ed export nei primi 9 mesi ma la crisi Covid pesa
Il settore resiste e riparte, i fatturati del 2019 però sono ancora lontani.
Il comparto calzaturiero italiano resiste alla crisi e nei primi nove mesi del 2021 segna – per il campione di Associati intervistati – un recupero a doppia cifra del fatturato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+19,5%). È la fotografia scattata dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici che stima anche, secondo le prime proiezioni, una chiusura del fatturato a +16,2% nei dodici mesi ma con un gap compreso tra il -10 e il -15% rispetto ai livelli 2019 antecedenti l’emergenza sanitaria.
Ripresa sì, ma con fatica
Se la maggioranza delle imprese ha segnalato almeno un avvio di recupero, registrando un incremento sui livelli fortemente penalizzanti dei primi 9 mesi 2020, il vigore della ripresa non è stato uniforme e, soprattutto, in molti casi non è stato sufficiente a ripianare le perdite subìte l’anno precedente. Solo 1/3 delle aziende ha infatti dichiarato di aver superato, o almeno eguagliato, i livelli di fatturato di gennaio-settembre 2019 pre-Covid.
Bene l'export settoriale (+17,6% in valore nel complesso e +16,3% in quantità): con la sola eccezione di Regno Unito, Giappone e Corea del Sud (che registra un primo rallentamento dopo nove anni di crescita ininterrotta), tutte le prime 20 destinazioni mostrano un trend positivo sul 2020 (quasi sempre con recuperi a due cifre, almeno in valore).
Parla Badon
“Dopo lo shock del 2020, quest’anno il settore è ripartito – spiega il Presidente di Assocalzaturifici, Siro Badon – nonostante un terzo trimestre fiacco, con domanda interna ed estera di poco sopra i livelli dello scorso anno dopo il forte rimbalzo nella frazione precedente che si raffrontava con l’attività ridotta del lockdown. Sebbene registriamo recuperi a due cifre nelle principali variabili congiunturali, dobbiamo ancora colmare il divario con la situazione pre-Covid. I risultati migliori vengono dalle esportazioni, che si attestano, trainate dalle griffe internazionali del lusso, a ridosso dei livelli 2019 pre-pandemia (-2,7%, seppur con un -7% in volume). Buoni gli scambi con Francia (+25% in valore sui primi 9 mesi 2020) e Svizzera (+19%), tradizionalmente legate al terzismo, USA (+38%) e Cina (+50%, che ha già abbondantemente superato, +26%, i livelli 2019). Sia i mercati dell’Unione Europea che quelli extra-UE evidenziano aumenti a doppia cifra in valore sul 2020 (+19% e +16,3% rispettivamente); ma solo i primi risultano aver appianato il divario con due anni addietro. A fronte di un consolidamento del saldo commerciale (+24,6%), si rileva una dinamica non particolarmente esaltante nei consumi interni (+10,5% in spesa gli acquisti delle famiglie, ancora al di sotto di un 15% rispetto a due anni addietro), a cui si aggiunge tuttora una forte sofferenza dello shopping dei turisti stranieri”.
Per quanto riguarda gli acquisti delle famiglie, la disaggregazione per segmento merceologico evidenzia nei primi 9 mesi incrementi attorno al +6% in spesa per le calzature classiche per uomo e del +10% per quelle per donna (entrambe le voci restano però al di sotto di oltre il -20% rispetto al pre-crisi); +7,6% le scarpe da bambino; +14,2% per le sportive e le sneakers (con un gap del -7% sul 2019); aumento contenuto per la pantofoleria (+4,2%), la tipologia più utilizzata durante il lungo lockdown e conseguentemente la più vicina ora alla situazione pre-Covid (-2,8%).
L’analisi condotta evidenzia come alcuni fattori possano ostacolare la ripresa e il ritorno alla normalità, tra cui – oltre ad una nuova ondata di contagi – gli aumenti nei prezzi delle materie prime e dell’energia.