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Economia
Da La Piazza di Ceglie a Cernobbio. Il ministro Urso rilancia il piano nucleare 

Adolfo Urso

Gli esperti di Ernst & Young, prevedono una generazione di valore aggiunto di 45 miliardi di euro

 

È da tempo che se ne parla, ma forse mai prima in maniera così chiara come ha fatto il ministro del made in Italy Adolfo Urso al Forum di Cernobbio ieri. Il tema del nucleare divide ancora nel nostro paese, dopo che nel 1987 un referendum aveva decretato l’inizio della fine dello sviluppo del nucleare in Italia. Da allora, l'Italia ha rinunciato, al contrario di molti altri paesi europei, a questa forma di energia, che ha comportato di conseguenza una eccessiva dipendenza dall’estero per l'approvvigionamento energetico.

«L’Italia è l’unico paese che ancora non produce energia nucleare», ha ricordato Urso, nel corso del Forum Teha di Cernobbio, che si è chiuso domenica 8 settembre. «Entro la fine di quest’anno – ha aggiunto – presenteremo un quadro normativo e stiamo lavorando a una Newco italiana, con una partnership tecnologica straniera, che consenta di produrre a breve in Italia il nucleare di terza generazione avanzata. Produrre i reattori in Italia per poi essere installati dove vengono richiesti nel mondo e certamente anche in Italia».

Urso ha dunque usato la platea di Cernobbio per parlare di energia e anticipare i progetti dell’esecutivo. E questa è certamente una notizia che va approfondita. Ma il ministro ha detto anche altro, affermando – ed è difficile non convenire con lui su questo – che il Green Deal europeo sostanzialmente ha fallito e che il 25 settembre il governo farà delle proposte a Bruxelles sul tema. Perché escludere a priori, per motivazioni più che altro ideologiche e pretestuose, con i passi da gigante fatti sul piano della sicurezza e della sostenibilità, è un approccio certamente sbagliato.

Secondo uno studio pubblicato da EY, “L’energia nucleare è sul punto di una rinascita”, l’energia nucleare ricopre un ruolo determinante nel percorso verso la transizione dai combustibili fossili a fonti energetiche in grado di garantire la sicurezza energetica e contrastare il cambiamento climatico. L'energia nucleare, infatti, grazie alla propria capacità di risposta immediata e al significativo potenziale di crescita, costituisce un elemento chiave per istituire sistemi elettrici a basse emissioni e in grado di far fronte alla crisi climatica. All’ambizioso obiettivo mondiale di raggiungere un bilancio net-zero entro metà secolo, l’energia nucleare, attualmente presente in 32 Paesi con una capacità totale di 413 GW, gioca un ruolo significativo nell’evitare 1,5 gigatonnellate (Gt) di emissioni globali e ridurre la domanda mondiale di gas di 180 miliardi di metri cubi (bcm) annualmente.

Nel contesto italiano specifico, gli esperti di Ernst & Young prevedono una generazione di valore aggiunto di 45 miliardi di euro, accompagnata da un risparmio di 400 miliardi rispetto a uno scenario basato solamente su fonti rinnovabili e centrali convenzionali. In termini occupazionali, si prevede la creazione di oltre mezzo milione di posti di lavoro a livello nazionale entro il 2050, così come la creazione di 52 mila nuovi posti di lavoro a tempo pieno nel breve termine, esclusivamente legati alla fase di costruzione. Ma anche il sentiment degli italiani sembra cambiato rispetto ai referendum del 1987 e a quelli successivi del 2011, che hanno definitivamente chiuso la porta allo sviluppo del nucleare: oggi il 64% degli italiani sarebbe favorevole al nucleare di terza e quarta generazione.

È un argomento controverso, sostenuto da un recente cambiamento politico volto a “invertire decenni di investimenti insufficienti” e scommettere molto sul nucleare. L’ultimo piano di sicurezza energetica del Regno Unito afferma di volere nuovi progetti nucleari, con l’obiettivo che fino al 25% dell’elettricità del Regno Unito possa provenire da fonti nucleari entro il 2050 – rispetto al 15% di oggi. Inoltre, il primo lavoro per la nuova Great British Nuclear sarà il lancio di un concorso per selezionare le migliori tecnologie di piccoli reattori modulari da sviluppare; centrali nucleari più piccole basate sulla tecnologia più recente entro l’autunno. Ma anche nel resto d’Europa da tempo si parla del nucleare come possibile fonte energetica da sfruttare, per far fronte al rialzo dei prezzi energetici determinati dallo scoppio del conflitto in Ucraina e trovare fonti alternative pulite rispetto agli inquinanti combustibili fossili.

Ecco allora che la proposta di Urso, un ministro che certo sta lavorando moltissimo a dotare il nostro paese di una maggiore autonomia sul fronte energetico, si inquadra in un contesto europeo che sta da tempo studiando il tema nucleare. La guerra in Ucraina e le sue conseguenze dal punto di vista degli approvvigionamenti dalla Russia di materie prime energetiche ha posto l’Europa di fronte al dilemma di come sostituire una grande fetta dell’energia importata. La scelta riguarda non solo i paesi da cui importare la materia prima, ma anche come procurarsela in casa, ad esempio utilizzando le fonti energetiche rinnovabili ed altre forme di energia pulita, come appunto quella nucleare di terza generazione.

Le centrali a carbone e gas bruciano composti a base di carbonio, che viene poi rilasciato in atmosfera sotto forma di CO2. Le fonti rinnovabili apparentemente non bruciano nulla: questo perché sfruttano gli effetti terrestri delle reazioni nucleari che hanno luogo nel sole. Le centrali nucleari usano uranio, con un tipo diverso di reazioni nucleari rispetto a quelle che avvengono nel sole. I differenti combustibili portano ad avere per ogni fonte diverse caratteristiche, di cui la principale è la quantità di carbonio emessa per unità di energia (kWh), il “fattore di capacità” (ovvero il rapporto tra energia generata e energia massima generabile), il costo per unità di energia e la densità di energia (materiale utilizzato per produrre un’unità di energia). L’energia nucleare genera elettricità in 14 dei 27 Stati membri dell’UE e attualmente fornisce il 25% dell’elettricità europea e il 50% dell’elettricità a basse emissioni di carbonio.

Ma quello che appare fondamentale è capire se davvero il cosiddetto nucleare di ultima generazione, che viene anche definito da alcuni come quello di quarta generazione – perché nato per superare i limiti di quello di terza generazione nato alla fine degli anni ‘80 – possa essere una fonte energetica adeguata.

Con “nucleare di IV generazione” ci si riferisce all’energia ricavabile dalla scissione di atomi molto pesanti come uranio, plutonio e torio, che possano migliorare la Terza generazione, e garantire i seguenti obiettivi: sostenibilità, economicità, sicurezza e affidabilità, riduzione della produzione di scorie radioattive, resistenza alla proliferazione nucleare e protezione fisica. In quanto sostitutivi di quelli della “III+”, sono stati proposti come reattori di grande taglia (1000 MW e più), ma oggi si parla di IV generazione anche per progetti di reattori di potenza inferiore. Il GIF (Generation IV International Forum), un organismo internazionale fondato nel 2000 dal Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti d’America e a cui hanno aderito 13 paesi oltre all’Euratom, ha selezionato sei tipi di reattori che possono soddisfare gli obiettivi sopra elencati e su cui concentrare gli sforzi di ricerca e sviluppo: tre reattori termici e tre reattori autofertilizzanti a neutroni veloci. Ma anche se i dubbi e le incertezze legate a questa tecnologia sono ancora tanti, certamente ogni forma di energia alternativa ai combustibili fossili va analizzata e considerata senza pregiudizi, preconcetti e ideologiche prese di posizione, che rischiano di compromettere una sana, sostenibile economicamente, graduale ed equilibrata transizione energetica green del nostro continente.

 

Leggi anche/ Urso a "La Piazza" lancia le stazioni green: "Auto elettriche e ricarica, pronta la rivoluzione" - Affaritaliani.it






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