Economia

Ora-lavoro? Anche per la Z generation è un concetto da superare

La dichiarazione del ministro Giuliano Poletti, "L'ora-lavoro è un attrezzo vecchio", che tante polemiche ha creato con i sindacati, sembra adattarsi invece ai gusti della Z generation, cioè dai giovani nati negli ultimi 19 anni e che quindi stanno per entrare negli uffici e nelle fabbriche. Da una indagine recente (comunque precedente alle parole del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali), commissionata da Ricoh Europe a Coleman Parkes, e sviluppata a livello Ue, è risultato infatti che un terzo dei giovani della generazione Z ritiene che un lavoro basato sugli orari sia motivo di gravi frustazioni.

Da notare che questa percentuale era pari soltanto al 13% per i Baby boommers (nati tra gli anni Cinquanta e il 1965) e al 17% per la X generation (nati tra la seconda metà dei Sessanta e l'inizio degli Ottanta). La quota di chi non sopporta l'idea dell'orario sale, sempre secondo la ricerca Ricoh/Coleman Parkes, al 20% per i Millenial (nati negli ultimi anni del Novecento).

Emerge quindi in modo piuttosto chiaro che con i progressivi ricambi generazionali il concetto di ora-lavoro venga considerato sempre più obsoleto. D'altra parte, Poletti ha giustificato la sua provocatoria affermazione anche col fatto che le nuove tecnologie stanno cambiando il modo di lavorare. E, in effetti, i due terzi dei giovani appartenenti alla Generazione Z si aspettano di portare grandi cambiamenti nelle imprese e nell'organizzazione del lavoro, grazie alle proprie competenze digitali e tecnologiche e a nuovi modi di pensare. Tutto coerente, del resto, con il profilo sociologico degli esponenti della Z generation.

Sono i figli dell'11 settembre e della psicosi del terrorismo e quindi sono meno autoindulgenti e più pragmatici. Ricordano in parte i componenti della Silent generation, nati tra le due guerre mondiali, la generazione che è stata capace di dar vita al boom economico degli anni Cinquanta, in un mondo ancora sconvolto da una guerra devastante. E non sorprende certo che i ragazzi della generazione Z siano caratterizzati dalla passione per tutto ciò che è digitale: e proprio il loro prodotto cult, l'IPhone, ne ha plasmato il linguaggio influenzandone comportamenti e stili di vita.

Milo Goj