Pil, Ocse: solo +1% nel 2016.Ora l'ombra della patrimoniale. Il paper
Mentre arriva dall'ufficio studi dell'Ocse, dagli ex colleghi di Pier Carlo Padoan per intendersi, una revisione al ribasso delle stime sulla crescita dell'Italia (Pil +1%) per quest'anno, una doccia fredda per il governo proprio perché sul puntello del denominatore dei rapporti deficit/Pil e debito/Pil ruotano le chances di vittoria di Matteo Renzi nella sua battaglia con Bruxelles, circola sui tavoli di mezza Europa uno studio redatto da nove economisti vicini al presidente della Bce Mario Draghi pubblicato dalla Luiss (l'università di Confindustria) che invita il presidente del Consiglio Matteo Renzi a mettere ordine nei conti pubblici in vista del varo del terzo pilastro dell'unione bancaria. E cioè il Fondo unico di risoluzione e la garanzia europea dei depositi.
Quello che ha fatto saltare sulla sedia più di qualcuno è che gli esperti, fra cui ci sono l'ex Bce Lorenzo Bini Smaghi, l'ex ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, l'editorialista del CorSera Marcello Messori e l'attuale direttore generale di Assonime Stefano Micossi, nel paper, fra gli interventi risolutivi, fanno esplicito riferimento a quelli "di natura straordinaria che riducano il profilo del bilancio pubblico". Leggi tassa patrimoniale. Già, proprio un intervento una tantum sui redditi che abbatta lo stock del debito che solo quest'anno, secondo quanto previsto dal Documento di economia e finanza, dovrebbe iniziare a calare rispetto al Pil nel famigerato rapporto che lo mette in relazione alla capacità di un Paese di produrre ricchezza per onorare i propri impegni con i creditori internazionali. Un numero che ci mette in cima alla lista dei sorvegliati speciali dei mercati, ormai da decenni.
E ci sono tre strade per abbatterlo: o si interviene sul denominatore magari azionando quegli investimenti la cui centralità è stata richiamata anche la scorsa settimana dal presidente della Bce oppure si interviene sul numeratore. Come? Abbattendolo con le privatizzazioni "tese a ridurre l'aumento nominale del debito", scrivono gli economisti o, appunto, con la patrimoniale.
Se quello dell'aumento consistente del Pil, come ha certificato anche oggi l'Ocse, è un sentiero di difficile percorrenza (al netto del miglioramento della congiuntura per gli interventi già messi in cantiere con la legge di Stabilità), rinviata la privatizzazione delle Fs, anche quella della vendita sul mercato azionario di partecipazioni di asset pubblici non è certo una strada in discesa.
Rimangono sul tavolo la privatizzazione dell'Enav, di Grandi Stazioni, società controllata da Ferrovie dello Stato con un valore di circa 800 milioni, del 12,5% del Fondo Italiano di Investimento e della Sace. Renzi e Padoan sperano di replicare il successo del 2015 di Poste Italiane, ma con l'aria che tira sui mercati evitare la svendita per valorizzare l'intervento straordinario non è proprio facilissimo.
Il tempo stringe e, come hanno fatto capire gli economisti che hanno redatto il paper, il quantitative easing della Bce, misura non convenzionale sulla cui efficacia iniziano a circolare le perplessità della City (ma non solo) e che ha protetto come un ombrello la dinamica dei rendimenti dei Btp, non è eterno. E l'Italia non può assolutamente farsi trovare impreparata alla nuova resa dei conti con i mercati, quando le banche nazionali, secondo il disegno della Germania sulla garanzia europea dei depositi, non potranno più fare da primary dealer oltre una certa soglia per i titoli di Stato emessi dal Tesoro. E sull'attuale alto 67% di Btp già in pancia nel nostro sistema bancario, il ministro delle Finanze teutonico Wolfgang Schaeuble e i falchi della Bundesbank hanno già storto il naso. Se uno Stato avesse bisogno dell'aiuto europeo, il default (con il taglio o il riscadenzamento dei titoli) sarebbe dietro l'angolo. Quindi, dicono gli economisti che hanno lavorato sul documento "Euro-zona, la responsabilità dell'Italia", meglio correre ai ripari subito anche con la patrimonialina.