Economia

Stellantis, i sindacati: "Situazione drammatica, stabilimenti verso il disastro"

di Mauro Indelicato

Palombella, leader della Uilm, verso lo sciopero di ottobre: "Produzione bassissima e cassa integrazione: le prove della volontà di disimpegno di Stellantis"

Stellantis, i sindacati: "Situazione drammatica, stabilimenti verso il disastro"

"La situazione è drammatica, c'è in atto uno scontro tra governo e Stellantis e si va verso un disastro all'interno degli stabilimenti”: non usa mezzi termini Rocco Palombella, a capo della Uilm, la sezione dei metalmeccanici del sindacato Uil. Nella giornata di martedì, è stato tra i primi ad annunciare l'adesione allo sciopero nazionale degli operai del gruppo automobilistico proclamato per il prossimo 18 ottobre.

L'astensione da lavoro, alla luce di quanto accaduto nelle ultime settimane, sta assumendo un significato molto chiaro: secondo i sindacati, il gruppo italo-francese si sta disimpegnando dall'Italia, senza però ribadirlo in modo netto. Al contrario, i leader sindacali sospettano adesso una strategia volta a silenziare il dibattito e ad avvicinare la chiusura degli stabilimenti senza grandi clamori.

La spia del disimpegno di Stellantis: è record di cassa integrazione

Gli ultimi mesi non sono certo stati dei più tranquilli per la casa automobilistica che, è bene ribadirlo, è nata dalla fusione tra Fca (a sua volta generata dalla fusione tra Fiat e Chrysler) e Peugeot. Almeno per quanto riguarda il versante italiano. Nello scorso febbraio è sorto il primo scontro tra i vertici della società e il governo Meloni. Tutto in quell'occasione è partito dalle parole dall'Ad di Stellantis, Carlos Tavares: senza investimenti da parte dello Stato e senza sussidi per l'elettrico, era il succo del suo ragionamento, l'Italia può scordarsi gli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano.

A quelle parole però sono seguite parziali rettifiche ma, come ribadito da Palombella, lo scontro è arrivato fino ai giorni nostri. Giorni contrassegnati, tra le altre cose, dagli annunci della società di un parziale stop alla produzione in alcuni stabilimenti. Tra questi, anche quello di Mirafiori. Il motivo? “Poche ordinazioni della 500 elettrica in Europa”, si legge nei vari comunicati.

"Negli stabilimenti livelli produttivi bassissimi"

Ed è forse qui che è scattato il segnale. Lo stop parziale alla produzione ha certificato l'aumento, secondo i dati dei sindacati, della cassa integrazione all'interno degli stabilimenti. Vale a dire che, dentro gli impianti italiani di Stellantis, si sta lavorando sempre di meno: “In ogni stabilimento non c'è assolutamente la piena occupazione – tuona Rocco Palombella – ma c'è cassa integrazione e livelli produttivi bassissimi”. Impossibile dunque, secondo il segretario nazionale Uilm, non notare determinati dati e non sospettare della volontà di Stellantis di ridimensionare la sua presenza nella penisola.

Lo sciopero del 18 ottobre

I sindacati a più riprese in questi giorni hanno sottolineato il clima di maretta tra l'azienda e il governo. Clima certificato anche dal caso legato allo sponsor della Juventus, società della holding della famiglia Agnelli-Elkan. I bianconeri dovevano scendere in campo con la scritta Ita sulle maglie, grazie a un contratto siglato con la compagnia aerea nata dalle ceneri di Alitalia. L'azienda a breve passerà a Lufthansa, ma è ancora di proprietà pubblica e, secondo indiscrezioni da diversi organi di stampa, ci sarebbe stato un veto da Palazzo Chigi per frenare la sponsorizzazione ed evitare che una società controllata dal pubblico finanzi una società dell'orbita di Stellantis.

Il braccio di ferro con l'esecutivo potrebbe aver rallentato ogni discussione sul futuro degli stabilimenti, ma l'impressione è che i problemi partano da lontano. Del resto, la produzione di auto in Italia è costantemente in calo da anni e il proposito, annunciato dallo stesso Tavares, di arrivare a produrre un milione di veicoli all'anno appare molto lontano.

L'ambiguità di Stellantis denunciata dai sindacati, le turbolenze del mercato europeo e i rapporti non certo idilliaci tra azienda ed esecutivo stanno dando vita, secondo Palombella, a quella che lo stesso sindacalista chiama “tempesta perfetta”: “Non potevamo rimanere fermi e assistere in silenzio alla desertificazione industriale del nostro Paese – si legge in una nota del segretario Uilm – Per questo abbiamo proclamato con Fim e Fiom uno sciopero nazionale dell’intero settore per il 18 ottobre con manifestazione a Roma in Piazza del Popolo”.

La risposta di Stellantis

Dalla sede del gruppo, fanno sapere che, almeno sulla carta, non c'è alcuna intenzione di smobilitare dall'Italia e che, al contrario, si è fiduciosi che alla fine il dialogo con tutte le parti in causa porterà i suoi frutti. Nel comunicato di Stellantis, si usano anche parole al miele per il governo: “Accogliamo con favore l'indicazione del ministro Urso di un fondo europeo per sostenere la transizione – si legge nella nota – identificando nell'accessibilità dei modelli elettrici il principale freno al decollo di questo mercato”.

Perché in fondo la questione è proprio questa: si è scelta la transizione verso l'elettrico, i costi però sono eccessivi per una larga fetta di pubblico e non arrivano ordini. Senza ordini, non c'è produzione e allora, per scongiurare ogni problema, si arriva al punto toccato da Tavares a febbraio: gli investimenti pubblici e i bonus per far abbassare i prezzi e far comprare sempre più auto elettriche. Gira e rigira, la questione è la stessa: senza soldi, addio elettrico e addio alla produzione.

Difficilmente così, subito dopo il 18 ottobre, lavoratori e addetti avranno idee e risposte chiare. Al contrario, appare alto il rischio di entrare in un vortice di rimpalli di responsabilità senza uscita e senza prospettive a lungo termine.