Sussidio disoccupazione, un calvario. Le procedure arbitrarie dell'Inps
La sentenza del Tribunale di Milano che ristabilisce ordine
Sentenza storica contro l’Inps, quella emessa dal giudice del lavoro Sara Manuela Moglia del Tribunale di Milano a favore di un lavoratore ricorso all’autorità giudiziaria dopo essersi visto rifiutare la Naspi, l’ammortizzatore sociale voluto dal Jobs Act per i lavoratori subordinati che perdano il lavoro involontariamente a causa di licenziamento singolo o collettivo. Finisce così, positivamente e con pieno riconoscimento all’indennità di disoccupazione che si era visto negare dall’Istituto di Previdenza Sociale, il calvario di un lavoratore iniziato nel marzo 2017 e conclusosi dopo una vicissitudine quasi kafkiana. Una vittoria destinata a rappresentare un bastione della giurisprudenza, quella ottenuta dall’avvocato Enrica Tedeschi che afferma l’esistenza di “un vuoto legislativo tale da lasciare spazio all’arbitrio dell’Inps. Dopo questa esperienza posso affermare che i lavoratori brancolano nel buio”.
Il fatto scatenante, in questo caso, era stato il trasferimento da Milano a Cagliari di 120 lavoratori di una grossa impresa attiva nell’ambito dei call center. Una distanza forte, ben oltre quei 50 kilometri dalla residenza che la legge pone come limite oltre il quale il lavoratore può rifiutare il trasferimento. In prima istanza, i lavoratori non avevano accettato la decisione dell’azienda, ma il giudice aveva ritenuto il trasferimento legittimo applicando l’articolo 41 della Costituzione (l’iniziativa economica privata è libera). Quindi, l’azienda aveva proposto una risoluzione consensuale del rapporto nonché il conferimento di un’incentivazione all’esodo e quasi tutti i lavoratori avevano accettato, ottenendo l’accesso alla Naspi, la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego che dà diritto al lavoratori disoccupato di contare su una prestazione a sussidio del proprio reddito qualora ne abbia i requisiti.
E qui sta il punto dolente. Su 15 lavoratori che presentavano l’istanza alla sede INPS di Via Pola a Milano, due se la vedevano rifiutare. Cosa poco comprensibile, visto che la Naspi, ex articolo 3 del decreto legislativo 22 del 2015, va riconosciuta a lavoratori che abbiano perduto involontariamente il lavoro o che rassegnano le dimissioni per giusta causa tra cui il rifiuto al trasferimento oltre i 50 KM. “In effetti non c’è una direttiva del Ministero in merito, è l’Inps stessa che attraverso la circolare 104 del 2015 spiega cos’è la Naspi e i casi nei quali è concessa” – spiega l’avvocato Tedeschi.
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