Economia

Tensione con Parigi: vacilla l'accordo sul cda Stm. Urso: "Più chip italiani"

Palazzo Chigi fa sapere alla Francia che si oppone alla conferma dell'amministratore delegato Chery. Il ministro: "Settore strategico"

Chip, tensione tra Italia e Francia per la guida di ST Microelectronics

Si amplia la tensione tra Italia e Francia sulla sorte di ST Microelectronics e il baricentro dell'azienda. Come scritto ieri da Repubblica, il governo non è contento della conerma dell'amministratore delegato Jean-Marc Chery, che a dire dell'Italia favorirebbe i francesi portando l'identità dell'azienda di microchip troppo sbilanciata a favore delle forze d'Oltralpe.

Oggi, sempre Repubblica, torna sul tema con una doppia pagina in cui spiega che le divergenze tra Italia e Francia rischiano di diventare un caso politico. "Il governo Meloni pare ci abbia ripensato e abbia fatto sapere alla controparte francese che non è più d’accordo sulla riconferma di Chery", scrive Repubblica. Il motivo sarebbe appunto "una progressiva francesizzazione della società. Una prova di ciò verrebbe dal cambiamento del Comitato esecutivo della società rispetto al 2021. Tre anni fa questo comitato era composto da 5 italiani su un totale di 8 membri", scrive Repubblica. Ora invece gli italiani sono scesi a 3 su 7.

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Se ne parla anche pubblicamente, anche se on the record si prova a stemperare le tensioni. Sui chip passiamo "dalla competizione alla piena collaborazione". A dirlo, intervistato da Repubblica, il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso dopo aver guidato il G7 italiano dedicato a Industria e tecnologia. "È chiaro - aggiunge - che ognuno preferisce avere più produzione nel proprio Paese, ed è quello che sta facendo anche l'Italia. Ma secondo me prevarrà la collaborazione, soprattutto per garantire le forniture in caso di nuove crisi. Tutti sono consapevoli che le condizioni geopolitiche sono cambiate".

Quanto alle risorse per l'Italia dice: "Come ha spiegato Draghi, l'Europa deve investire 500 miliardi di euro l'anno nelle grandi transizioni e se non vogliamo dividere il mercato unico le risorse devono essere comuni. Detto questo, l'Italia è in grado di competere nell'attrazione di investimenti, perché ha un ecosistema favorevole e un mercato con una grande domanda, dall'automotive agli elettrodomestici".