Economia

Tim, Pietro Labriola: "Per fare l'ad 14 ore al giorno ci vuole il fisico"

Per combattere lo stress, l'ad di Tim va in palestra, corre e nuota. "Sono un agonista e a farmi superare non ci sto"

Chi è Pietro Labriola, il nuovo amministratore delegato del gruppo Tim

Pietro Labriola è il nuovo amministratore delegato del gruppo Tim, nominato lo scorso 21 gennaio. Labriola, già direttore generale, è un vero veterano dell’azienda: dall’assunzione, il 1° ottobre del 2001, ha ricoperto diversi incarichi per il gruppo. Il top manager è alla guida dell’azienda di telecomunicazioni in una fase molto delicata: tra l'interesse di un'Opa del fondo americano Kkr e la rinegoziazione del contratto da 340 milioni l'anno con Dazn per la trasmissione in streaming del campionato di Serie A con TIMvision.

Pietro Labriola combatte lo stress andando a correre “tre volte la settimana, con la palestra e il nuoto”.  “Per fare il mio lavoro 14 ore al giorno ci vuole il fisico”, ha raccontato in un’intervista a Repubblica. “Gli amici del calcio mi chiamavano "polmone umano" per la mia capacità di andare avanti e indietro per il campo per 90 minuti. A Rio de Janeiro, quando ero amministratore delegato di Tim Brasile, correvo la domenica sull'Avenida Oceanica, nei momenti migliori facevo 10 chilometri in 46 minuti, quei poveretti della scorta impazzivano a starmi dietro. Sono un agonista e a farmi superare non ci sto”, ha specificato Labriola.

L’ad di Tim, che da Bari si è trasferito a Milano, è entrato in Tim grazie a Riccardo Ruggiero, “conosciuto in Infostrada”. “Mi chiamò – ha aggiunto Pietro Labriola - per ristrutturare Lef Telecom, una controllata in Francia”. Prima di Tim l’esperienza in France Telecom Transpac e in Infostrada dove lavorava “facendo arbitraggi sulle tariffe”. Con le telecomunicazioni un vero legame di “famiglia”: la mamma, centralinista Telecom, rispondeva al servizio 1012. “La vedevo molto poco – ha raccontato Labriola - faceva orari che non combaciavano con le esigenze della scuola. Turni a Natale e Capodanno. A otto anni avevo le chiavi di casa. Passavo a prendere mio fratello, di tre anni più piccolo, e mi mettevo a cucinare”.

Fuori dal lavoro la passione per l’Inter, il motociclismo, la F1 e i tatuaggi. Sopra il gomito sinitìstro ha disegnata una Daruma: “È una bambola votiva giapponese che ha un occhio con la pupilla e l'altro vuoto. Da completare solo quando l'idolo esaudirà il mio desiderio. Ho anche un dragone sul polpaccio destro, ma quello è meno mistico”.

 

 

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