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Economia
Titoli di stato, in scadenza 450 miliardi: allarme rosso per le casse italiane
Il ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti

Da rifinanziare oltre 450 miliardi di debito pubblico italiano

Una montagna da 451,902 miliardi di euro: è il debito pubblico in scadenza tra il 15 ottobre di quest’anno e il 31 dicembre del 2024. Come riporta HuffPost, infatti, è questa la quantità di denaro che andrà rifinanziato. E la domanda che tutti si pongono è: a che prezzo? Le ultime emissioni di buoni poliennali hanno fruttato agli investitori tassi del 4,1% (per i primi tre anni) con il Btp Valore, mentre sul mercato secondario il rendimento del decennale è stabilmente intorno al 5%, ai massimi da oltre 10 anni. Ce n’è abbastanza per sudare freddo.

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È vero: rispetto al passato ci sono molti più strumenti di tutela. Ma è ovvio che finché non verrà approvato il Mes – e Giorgia Meloni si è impegnata in prima persona a non farlo – si rischia di avere armi spuntate perché l’Europa non può al tempo stesso acquistare titoli di stato e permetterci di sforare il deficit senza chiedere nulla in cambio. A proposito di Europa, tra l’altro, bisogna ricordare che con la riduzione del programma di acquisto pandemico (il PePP), i titoli di Stato andranno collocati sui mercati e non più in maniera preponderante alla Bce. E questo potrebbe far aumentare i tassi ulteriormente.

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Il problema è segnato con una matita rossa sull’agenda della premier e di Giancarlo Giorgetti. Perché il giorno del giudizio, cioè quello in cui le agenzie di rating daranno la loro pagella all’Italia si avvicina. Gli analisti di Fitch hanno acceso più di un riflettore sul nostro Paese perché il deficit è stato rivisto al rialzo e perché continua a pesare il Superbonus. Una “tassa” da quasi 100 miliardi che graverà anche negli anni a venire sul nostro bilancio. L’ulteriore calo del pil previsto da Bankitalia per quest’anno (+0,7%, un ulteriore decimale in meno rispetto alla Nadef) e per l’anno prossimo (+0,8%) rappresenta un ulteriore ostacolo per il nostro Paese che avrà ancora meno margine di manovra.

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In tutto ciò ci sono anche promesse elettorali da mantenere. La riduzione dell’Irpef, le pensioni. Senza contare i desiderata come il ponte sullo Stretto. Che dovrebbe essere finanziato anche tramite i fondi del Pnrr (ma non solo) e che dovrebbe vedere la posa della prima pietra entro l’anno prossimo. Intanto però l’allerta cresce, anche perché la situazione geopolitica è sempre più intricata. Il nuovo spauracchio si chiama stagflazione: aumento dei prezzi e calo del pil. Una spirale che renderebbe la Bce spuntata. Un rischio davvero enorme. 
 

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