Economia
Trump fa aumentare la benzina. Lo sgambetto Usa fa male al Pil
Dal 2 maggio anche gli 8 paesi (tra cui Italia e Cina) che potevano importare petrolio dall’Iran senza violare le sanzioni Usa non potranno più farlo
Come più di un analista si attendeva ormai da settimane, Donald Trump ha deciso di usare il pugno di ferro contro gli “stati canaglia” Venezuela e Iran, rifiutando di prolungare le “eccezioni temporanee” che finora avevano permesso l’acquisto di petrolio dall’Iran da parte di otto paesi tra cui l’Italia, che peraltro, come Grecia e Taiwan, avrebbe già ridotto a zero l’import di petrolio iraniano secondo il Wall Street Journal.
La decisione, aggiunge il quotidiano finanziario americano, avrebbe comunque colto di sorpresa gli stati interessati (gli altri cinque sono Cina, India, Turchia, Giappone e Corea del Sud) che si sarebbero attesi una decisione di segno opposto dopo alcuni segnali filtrati in tal senso dall’amministrazione Trump. Di certo chi non ha apprezzato una simile presa di posizione è Pechino: il portavoce del ministero degli esteri cinese, Geng Shuang, ha infatti dichiarato alla stampa che la Cina “è fermamente contraria alle sanzioni unilaterali da parte degli Stati Uniti” e di ritenere che tale decisione contribuirà ad aumentare le tensioni in Medio Oriente.
Una presa di posizione che per ora non interferisce con i negoziati in corso per trovare un accordo tra i due paesi ed evitare una guerra commerciale (accordo che secondo le ultime indiscrezioni sarebbe pronto al 90%), ma che certo non contribuisce, anzi, a colmare la distanza residua e dunque crea ulteriore tensione rendendo in qualche modo più incerte le prospettive sulla crescita economica mondiale a medio termine. Risultato: il prezzo del petrolio è di nuovo in tensione sui mercati e risale attorno ai 66,5 dollari al barile nel caso del Wti, ovvero sopra i 74 dollari al barile per quanto riguarda il Brent.
(Segue...)