Economia

Ue, la Commissione: procedura contro l'Italia. Mancano 9 miliardi

Ora la palla è nelle mani dei ministri delle finanze europei e, innanzitutto, dell'Eurogruppo. Il Comitato economico e finanziario di cui fanno parte i rappresentanti dei ministeri dovrebbe riunirsi prima di giovedi' prossimo, quando e' gia' fissata la riunione dei responsabili delle finanze a Lussemburgo. 



Gli 'sherpa' hanno due settimane di tempo per decidere se appoggiare la Commissione e aprire la strada che nel giro di un mese (il 9 luglio l’ultima riunione dell’Ecofin) può portare all'apertura effettiva della procedura contro l'Italia per non aver ridotto il debito nel 2018 e per prevederne un ulteriore aumento successivamente. Per Bruxelles il rallentamento economico chiamato in causa dall’Italia nella risposta del Ministero dell’Economia della scorsa settimana come fattore rilevante "spiega solo in parte l'ampio gap" nel rispetto della regola, e la "retromarcia" su alcune riforme pro-crescita del passato, come quella delle pensioni, e il deficit proiettato oltre il 3% nel 2020, rappresentano "fattori aggravanti".



Lo scenario della procedura d’infrazione si realizzerà se il governo non riuscirà a convincere con nuovi dati e decisioni di politica fiscale sufficientemente credibili che l'Italia farà rientrare la deviazione dalle regole Ue. In teoria il “buco" da colmare nei due anni (a questo punto tutto a carico del 2019) dovrebbe essere attorno allo 0,5% del Pil, circa 9 miliardi di euro. 

Sarà questa la base di partenza per un negoziato, forse potrebbe anche essere onerosa se si aprirà una discussione costruttiva tra Roma e Bruxelles. Al contrario di quanto avvenne lo scorso autunno la Commissione è però molto cauta nell'usare il termine “trattativa”: “Aspettiamo nuovi dati da parte italiana, siamo aperti al dialogo”, ha ribadito il commissario Moscovici.



La procedura sul debito implica un mezzo commissariamento delle scelte di bilancio che può comportare una sanzione pecuniaria nei confronti dell’Italia pari allo 0,2% del Pil, cioè fino a 3,6 miliardi, il blocco dell’accesso ai fondi europei o lo stop del rinnovo da parte della Bce dei Btp nel proprio bilancio. Da Palazzo Chigi, il governo ha detto di "prendere atto" dell'esito "della valutazione della Commissione Europea". Ricordando di aver presentato un rapporto sul debito con "una serie di giustificazioni (i cosiddetti fattori rilevanti) per il mancato rispetto della riduzione del rapporto debito/Pil nel 2018", il governo italiano si dimostra convinto che "in chiave prospettica, sono state fornite stime e valutazioni che indicano che nell'anno in corso l'Italia rispetterà i dettami del Patto di Stabilità e Crescita".



La nota di Palazzo Chigi "auspica la continuazione di un dialogo costruttivo con la Commissione onde arrivare ad un accordo circa le modalità con cui gli obiettivi per l'anno in corso verranno conseguiti e un sentiero di discesa del deficit coerente con gli impegni già assunti da Governo e Parlamento italiani". Nel rispondere all’Ue, Palazzo Chigi ricorda che “per quanto attiene allo scorso anno, è importante ricordare che l’attuazione della politica di bilancio ha seguito l’impostazione della Legge di Bilancio approvata dal precedente parlamento senza alcun allentamento della politica fiscale. Ciò anche quando, a partire da fine estate, cominciarono a manifestarsi segnali di un indebolimento ciclico dovuto principalmente a fattori esogeni, in particolare il forte rallentamento dell’attività e delle esportazioni manifatturiere”.

Il Governo riconosce che “l’impegno preso dal precedente esecutivo era di migliorare il saldo strutturale di 0,3 punti percentuali nel 2018. È anche opportuno evidenziare che i dati di consuntivo hanno rivelato un aumento dei trasferimenti in conto capitale che non era prevedibile ex ante. Inoltre, la revisione al ribasso delle previsioni di crescita per i prossimi anni ha causato una variazione delle stime di output gap, che ha impattato sfavorevolmente anche sulle stime del saldo strutturale del 2018, comprese quelle del Governo. Guardando in avanti, le stime più aggiornate per l’anno in corso portano a ritenere che i saldi di finanza pubblica rispetteranno i dettami del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita (Psc). Il Governo potrà fornire stime più aggiornate a fine luglio, non appena saranno disponibili i dati sulle liquidazioni d’imposta".

"



Allo stato attuale delle conoscenze - prosegue la nota di Palazzo Chigi - si può ritenere che l’indebitamento netto (deficit) della Pubblica amministrazione nel 2019 sarà sensibilmente inferiore alla previsione della Commissione, la quale pone il deficit di quest’anno al 2,5 per cento del PIL, contro il 2,4 previsto dal Governo nel DEF. Partendo dalla previsione del DEF (che incorpora il blocco di 2 miliardi di spesa pubblica, previsto nel caso in cui il deficit nominale superi il 2 per cento del PIL), il monitoraggio più recente delle entrate evidenzia per l’anno in corso maggiori entrate tributarie e contributive per 0,17 punti percentuali di PIL e maggiori entrate non tributarie (utili e dividendi) per ulteriori 0,13 punti".

"A fronte delle maggiori entrate, si stimano prudenzialmente maggiori spese e risorse necessarie per il bilancio di assestamento pari a 0,12 punti di PIL. Il beneficio netto per il bilancio sarebbe dunque di circa 0,2 punti percentuali e condurrebbe la stima di deficit al 2,2 per cento del PIL. Tenendo conto delle previsioni economiche e delle stime di output gap della Commissione, un deficit del 2,2 per cento del PIL produrrebbe un miglioramento di 0,1 punti del saldo strutturale nel 2019. 

Tale risultato configurerebbe un sostanziale rispetto del braccio preventivo del PSC, nonché un risultato significativamente migliorativo dello stesso accordo di dicembre. Insieme alle stime di indebitamento netto sopra accennate vanno calcolati gli effetti delle minori spese derivanti da accantonamenti prudenziali riguardanti le più cospicue misure adottate dal Governo nel corso dell’anno".

"Sulla base delle informazioni ad oggi disponibili, la minore spesa ragionevolmente risulterà pari ad un ulteriore 0,07 percento del PIL e l’indebitamento netto si attesterebbe al 2,1 per cento del PIL. Migliorerebbe in misura corrispondente il saldo strutturale, con effetto compensativo ancora più marcato rispetto al gap registrato nel 2018. Il Governo monitora costantemente l’andamento dei conti pubblici ed è determinato a perseguire il fondamentale obiettivo di saldo strutturale e ad adottare tutte le cautele e le iniziative funzionali al raggiungimento di tale obiettivo. Si ricorda infine che lo scenario programmatico di finanza pubblica per i prossimi tre anni descritto nel Programma di Stabilità e approvato dal Parlamento traccia una discesa dell’indebitamento netto fino all’1,5 per cento del PIL nel 2022, con un miglioramento complessivo del saldo strutturale di quasi 0,8 punti percentuali".

"L’avanzo primario raggiungerebbe il 3,1 per cento su base strutturale nel 2022”. Per il 2020, il Governo intende conseguire un miglioramento di 0,2 punti percentuali nel saldo strutturale di bilancio. In base alle ultime previsioni ufficiali, il disavanzo nominale scenderà di 0,3 punti percentuali in confronto al 2019. Il Governo auspica la continuazione di un dialogo costruttivo con la Commissione onde arrivare ad un accordo circa le modalità con cui gli obiettivi per l’anno in corso verranno conseguiti e un sentiero di discesa del deficit coerente con gli impegni già assunti da Governo e Parlamento italiani".