Economia

Vertice Ue, Recovery: Conte strappa altri 36 mld ma torna il balletto sul Mes

di Gabriele Penna

Fondo di 209 mld per l'Italia e potere di veto statale disinnescato, Conte ottiene altri 36 mld in prestiti. Ma in Italia è ripartito il balletto sul Mes

VERTICE UE, RECOVERY FUND DA 209 MLD: SALE LA QUOTA PRESTITI

I 27 stati membri hanno raggiunto l’accordo sul Recovery Fund dopo 4 giorni interminabili di negoziati. Alle 5.30 di questa mattina, uno scrosciante applauso ha sugellato il momento. L’Italia ha raccolto 209 miliardi: 82 di sussidi e 127 di prestiti. Rispetto alla proposta iniziale della Commissione Ue, l’Italia vede ridimensionare di circa 3 miliardi la quota delle sovvenzioni ma, allo stesso tempo, vede crescere di 36 miliardi la quota dei prestiti. Quest’ultima cifra in particolare coincide esattamente con le eventuali risorse del Mes. Il Fondo salva stati tanto discusso in Italia.

Conte al Colle al termine del Consiglio europeo/ Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto questa mattina al Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte. Lo riferisce una nota della Presidenza della Repubblica. L'inquilino del Quirinale si è detto soddisfatto dell'esito del negoziato.

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Recovery Fund: accordo raggiunto, 750 mld di aiuti, all'Italia ne vanno 209

VERTICE UE, RECOVERY FUND: RIPARTE IL BALLETTO SUL MES. DOPO ZINGARETTI ANCHE IL SOTTOSEGRETARIO BARETTA

“Il Mes non e' una priorità per l'Italia, che adesso è concentrata sulle risorse ottenute nel Recovery Fund”, ha subito chiarito il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in conferenza stampa a Bruxelles al termine della plenaria. "Del Mes abbiamo discusso tanto e immagino continueremo a parlarne. La mia posizione - ha sottolineato - non è mai cambiata”. Ma già nella serata di ieri – con l’intesa sul Recovery Fund ancora da chiudere - è ripartito il balletto sul Mes. È stato il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti a ribadire la volontà di accedervi al più presto. Sostenuto e rilanciato dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta questa mattina, che sulle colonne del Messaggero parla del Mes come “un’opportunità da sfruttare”.

VERTICE UE, RECOVERY FUND: GOVERNANCE MENO STRINGENTE

Stessa identica posizione è stata ribadita dalle parti di Italia Viva dove hanno accolto di buon grado l’accordo raggiunto e al contempo hanno chiesto l’accesso al Mes. Il rischio maggiore è che la maggioranza si possa spaccare proprio su questo a margine di un’intesa su un pacchetto abnorme di fondi da investire. Sul piano politico Giuseppe Conte centra due obiettivi fondamentali per l’Italia: la cospicuità del fondo e la meno stringente governance sul piano nazionale di riforme post Recovery Fund. Infatti, il potere di veto di un singolo Stato di bloccare l’erogazione delle risorse, non ci sarà. Rimane, comprensibilmente, il potere di un singolo Stato di appellarsi al Consiglio Ue, qualora si accertassero deviazioni molto significative dai piani di riforma approvati, e il Consiglio potrà decidere a maggioranza qualificata di bloccare l’elargizione dei fondi nell’arco temporale di tre mesi.

VERTICE UE, RECOVERY FUND: DECISIVA LA SPONDA CON LE CAPITALI DEL SUD EUROPA

"Non avrei mai concesso a nessun Paese il diritto di veto o di intromissione sull’attuazione del piano di rilancio nazionale”, ha scandito il premier Conte. "È giusto che ci sia un sistema di verifiche – ha aggiunto - ed è giusto che sia stato concepito in relazione all’avanzamento dei progetti, all’implementazione degli stessi. Ma certo era una pretesa inaccettabile che un singolo Paese potesse decidere fino al veto dell’erogazione dei fondi ed esercitare poteri di intromissione fino a questo punto”, ha chiosato alle 6 del mattino, con il volto segnato dalla fatica ma evidentemente soddisfatto. Per Roma, la sponda con Berlino, Parigi, Madrid e Lisbona è stata determinante per mettere in piedi un piano di rilancio senza precedenti che viaggia in parallelo al bilancio pluriennale 2021-2027. È stato ‘sdoganato’ per la prima volta il principio secondo cui una istituzione europea, la Commissione, viene autorizzata a fare debito comune, un tabù che sarebbe stato impensabile solo qualche mese fa.